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Simon Schubert, l'artista della carta

Carlotta Cerri
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La genialità si esprime in così tanti modi. Oggi vi regalo un’opportunità – così come l’hanno regalate a me – di vedere la nascita di una stella nel firmamento dell’arte – se ne esiste uno.

Guardate l’immagine qui sopra. A prima vista, sono linee senza un senso, un astratto gioco di ombre e sfumature. A seconda vista, si delinea una scala al fondo della quale si apre un piccolo atrio. La ruota di un cornicione in primissimo piano.

Sembrerebbe un bel disegno a matita, un’abile mano che ben sa sfruttare le tonalità del grigio per creare la sua personale arte. Uno come tanti. Bravo, ma bravo come tanti.

Ora riguardate l’immagine. E, per favore, lasciatevi scappare un wow nel momento in cui vi dico che, per quanto ne so, questo ragazzo può non aver mai visto una matita. Ma dategli della carta – semplice carta – e lui vi regalerà pura arte.

Esatto. Questo disegno è interamente realizzato piegando un foglio di carta. Nessun tratto di matita, nessuno strumento particolare, nemmeno una bacchetta magica. Solo mani e carta. Affascinante. Tanto da rimanere interi minuti a guardare un’immagine, coglierne le sfumature – che paradossalmente non esistono – immaginare angoli, curve e ombre prendere forma sulla carta, nella carta.

Lui è Simon Schubert e mi piace pensare che questa sia la sua interpretazione dell’arte dell’Origami.

La sua prima personale In Apnoesie alla galleria upstairs berlin è una stanza al primo piano. Soffiti e pareti sono rivestiti con pannelli di carta piegata nei quali sono integrate le opere di carta piegata vere e proprie. Da lontano sembrano superfici bianche e rettangolari. Anonime. Solo a meno di due metri di distanza, questi capolavori emergono in tutto il loro fascino e con una forte plasticità tridimensionale vi portano in case maestose e solitarie, lunghi corridoi, scale a chiocciola e atrii di specchi.

Il bianco candido della carta che vi circonda è subito contrastato – quasi minacciato – dalle sculture in bianco e nero sparse per la stanza. Mani che sbucano dal pavimento, bambini in cerchio che si guardano con occhi inesistenti, facce che scompaiono dietro lunghi capelli opachi, una ragazzina ricoperta di piume e umanizzata solo dalla sua silhoutte, oggetti con buchi scuri da cui spiare per entrare in altre stanze piegate nella carta bianca.

Solitudine, isolamento, perdita. La scomparsa intesa come cancellazione dell’io fisico e psicologico. Questa è la sensazione, a riprova di un pensiero che sovente si insinua in me: la vera arte nasce sempre dal dolore.

Vi invito ad una “mostra” virtuale sul sito personale di Schubert.

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