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Sulla felicità

Carlotta Cerri
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Al momento in cui scrivo questo post Emily ha 11 mesi e Oliver quasi tre anni (a marzo).


La felicità è stata un tema ricorrente nella mia mente negli ultimi mesi di privazione del sonno, è molto facile perdere la concentrazione su ciò che conta davvero quando non si dorme. Che è un passo dal non sentirsi felici, dal mettere in discussione tutto, la tua vita, il tuo lavoro, le tue relazioni sociali, il tuo matrimonio, il tuo significato.

Qualche tempo fa ho scritto sull’insegnare la felicità ai bambini, che ha iniziato una vera e propria ragnatela di pensieri nella mia mente.

Spesso, quando Alex mi chiede come sto, mi lamento. È la mia naturale tendenza: sono una persona negativa e pessimista per natura. Se mi conosci, magari non ti sembro così, perché negli ultimi dieci anni ho fatto uno sforzo enorme per cambiare questo tratto della mia personalità, ma chiedi a mio marito e te lo confermerà!

Ultimamente, mi lamento molto. Nella mia esperienza, lamentarsi di cose a voce alta non solo aiuta a liberarsi della negatività e vedere le cose in modo più razionale, ma rende anche le persone più empatiche e inclini ad aiutarti (tranne mio marito, che odia quando mi lamento ;-). E poi siamo onesti, l’empatia (e alcuni giorni di sonno INinterrotto) è l’unica cosa di cui una mamma che non può dormire ha disperatamente bisogno in ogni momento.

Gli ultimi mesi di privazione del sonno sono stati i più duri nella mia vita fino ad ora e mi hanno fatto rivalutare la felicità. Ero così esausta che mi sentivo spesso infelice, come se la mia vita perfetta, con un marito premuroso e amorevole, due bambini adorabili e sani, un lavoro che semplicemente adoro, una famiglia (allargata e non) rispettosa e amici meravigliosamente presenti… come se tutto questo non bastasse.

Quindi quando è diventato chiaro che la nostra situazione notturna non sarebbe cambiata a breve termine, sapevo che dovevo fare uno sforzo consapevole per riprendere il controllo delle mie emozioni e sentirmi di nuovo felice.

Quindi sto provando qualcosa di nuovo (non mi riesce ancora, ma la perfezione richiede tempo).

La felicità è fatta di sottili fette di gioia

Tutto è iniziato quando ho letto un articolo su Chade-Meng Tan, ex guru della felicità di Google (giuro!), in cui afferma che la felicità non deve essere un sentimento costante e dominante. Può arrivare come dolci, brevi momenti durante la giornata.

Lui chiama questi momenti “sottili fette di gioia”, che è un concetto a cui posso davvero relazionarmi ultimamente. Nelle sue stesse parole:

“In questo momento, ho sete, quindi bevo un bicchiere d’acqua. E quando lo faccio, provo una sottile fetta di gioia nello spazio e nel tempo. Non è come “WOW”, è più come, “Oh, questo mi fa sentire bene”. Di solito questi eventi sono insignificanti: un pezzo di cibo, la sensazione di passare da una stanza calda a una stanza con aria condizionata, il momento di connessione nel ricevere un messaggio da un vecchio amico. Anche se durano due o tre secondi, i momenti si sommano e più la si nota, la felicità, più la si prova. Troviamo queste fette sottili di gioia ovunque nella vita… e quando inizi a notarle, succede qualcosa, scopri che sono sempre lì. La felicità diventa qualcosa su cui puoi contare e questo perché stai familiarizzando la tua mente con la felicità”.

Leggere questo per me è stato uno di quei momenti lampadina.

Anche se probabilmente mio marito sperava in una strategia del tipo “basta lamentarsi”, io ho deciso di apportare un cambiamento molto più piccolo e meno percepibile: poche volte al giorno, mi fermo a pensare coscientemente a ciò che di bello c’è nella mia vita, faccio uno sforzo per ricordarlo e riconoscerlo. A volte è più facile e i bei ricordi si materializzano davanti ai miei occhi in un istante, ma più spesso devo scavare più a fondo dentro di me per trovare il bello in una giornata no.

È un’abitudine, e come ogni abitudine deve essere costruita, ci vuole tempo, ma mi piace perché è qualcosa su cui posso lavorare in privato, proprio come meditare o praticare il mindfulness.

Qualche tempo fa, ho passato una pessima mattinata. Eravamo in ritardo per andare a scuola; i bambini avevano pianto per prepararsi, per fare colazione, per lavarsi i denti (odio quando piangono); guidando verso la scuola potevo vedere il traffico sulla via del ritorno a casa ed era terribile, quindi ho dovuto cambiare tutti i miei piani e restare fuori mentre Oliver era a scuola (odio cambiare piani); ero troppo vestita e il caldo mi faceva sentire scomoda; come se non bastasse, Oliver aveva pianto in macchina per delle “banalità senza senso” (senza senso nella mia mente, chiaramente, ma non nella sua) ed Emily aveva deciso di rimanere sveglia tutta la mattina, quindi non avevo potuto lavorare.

MA.

Quella stessa mattina Emily non aveva pianto in macchina per la prima volta da tanto tempo, ero stata in grado, nonostante la stanchezza della notte insonne, di essere paziente e avere empatia per aiutare Oliver nella sua crisi (ed ero perfino riuscita a cambiare il suo umore!), avevo trovato un bagno velocemente quando mi scappava tremendamente la pipì, il caffè che avevo ordinato al bar era molto buono, e quando ho ripreso Oliver da scuola non c’era più traffico per tornare a casa. Tutte sottili fette di gioia.

In realtà, questo è probabilmente solo un altro esercizio di mindfulness: notare quelle sottili fette di gioia e pensare attivamente alla felicità che mi hanno portato è stato sufficiente a farmi sentire meglio in una mattinata altrimenti pessima e improduttiva.

Alla fine, la felicità è come un muscolo. Possiamo allenarlo.

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