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La morte è ovunque. Pensiamoci. Prepariamoci.

Carlotta Cerri
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Oggi la moglie di un nostro amico è morta di un tumore aggressivo che l’ha uccisa in quattro mesi. Aveva qualche anno più di me. Era sana, sportiva, forte. Lei e suo marito avevano sogni e speranze come le nostre, avevano trovato l’anima gemella e pensavano di passare tutta la vita insieme.

La conoscevo solo per sentito dire perché, all’inizio della mia relazione, suo marito lavorava con il mio, ma da quando le è stato diagnosticato il tumore a dicembre, stavamo seguendo i suoi alti e bassi sul blog che lui stava scrivendo per amici vicini e lontani: per mantenerli informati, per far sapere loro che stavano lottando con tutte le loro forze, ma anche perché parlarne apertamente li stava aiutando ad affrontare le sfide a venire.

Quattro mesi. Ci sono voluti solo quattro mesi per sconfiggere una donna sana nei suoi trent’anni. Mi ha ricordato quando sia importante pensare alla morte, prepararsi mentalmente ad affrontarla. Oggi siamo qui, siamo sani, siamo felici, ma domani potremmo essere morti.

Io non ho perso nessuno della famiglia stretta: il più vicino che mi sono ritrovata alla morte è stato quando ho perso mio zio e due amici, una per i suoi demoni interiori che l’hanno portata al suicidio, e l’altro per un cancro con cui lottò sei anni. Ma la madre di Alex è morta quando lui aveva sei anni, la bimba della mia amica è morta a due anni, l’amico di mia madre è andato in spiaggia un giorno ed è annegato davanti alla sua famiglia.

La morte è ovunque e può arrivare a chiunque in qualunque momento. È una possibilità reale e mai dovremmo dare la vita per scontato.

Non sto dicendo di essere melodrammatici e masochisti e vivere la vita nella tristezza perché domani potremmo essere morti. Pensare alla morte è triste, certo, ma ci dà anche un potere: quello di accogliere a braccia aperte l’oggi, l’amore che ci è dato, l’amore che possiamo dare, la felicità che possiamo trovare in ogni giorno, anche i più neri. Pensare alla morte dovrebbe aiutarci a mettere tutto in prospettiva, concentrarci su quello che davvero conta.

Ma non solo.

Dovremmo prepararci mentalmente all morte, “avere un piano”.

Mi rende estremamente triste pensare che se morissi nei prossimi due anni Oliver non si ricorderebbe di me; nei prossimi cinque anni mi ricorderebbe sfocata; più avanti gli spezzerebbe il cuore e modellerebbe tutto il resto della sua vita. Alex dovrebbe crescerlo da solo con questo enorme buco nel cuore.

Ma pensare alla morte di Alex o Oliver—e lo faccio spesso, specialmente da quando è arrivato Oliver—non mi rende solo triste, mi terrorizza. Sento che potrebbe uccidermi. Ed è proprio per questo che devo pensarci, visualizzare me stessa in quella possibile situazione e immagine il dolore che sentirei; immaginare come reagirei, come vorrei reagire, che genitore vorrei essere per i miei figli se perdessimo Alex.

Il padre di mia madre è morto quando lei aveva 17 anni e lei adolescente ha dovuto prendere le redini della famiglia, perché mia nonna non ce la faceva. Non voglio essere quel tipo di madre per i miei figli, forzarli a crescere e prendersi cura di me mentre stiamo tutti provando lo stesso dolore.

Il marito della mia amica è morto l’anno scorso (quasi esattamente un anno fa—sei sempre nei nostri cuori), padre di due adolescenti, e lei è stata un roccia per se stessa e per i suoi figli. Li ha trattati da adulti e li ha spronati ad andare avanti, ma c’era quando avevano bisogno di lei. Mi piacerebbe essere questo tipo di madre.

La morte fa paura. Niente—nemmeno prepararsi—la renderà più semplice, il dolore meno lancinante, le sfide a venire meno soverchianti. Ma come tutto ciò che ci spaventa—i nostri demoni interiori—il modo migliore per gestirlo è affrontarlo. E visto che spero di dover affrontare il demone della morte in un futuro molto, molto lontano, l’unica cosa che posso fare ora per sentirmi più in controllo è affrontarlo nei miei pensieri e prepararmi mentalmente alla possibilità.

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