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Superare separazione e lacrime i primi giorni di scuola (il tuo bimbo non è l'unico che piange)

Carlotta Cerri
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Pensavo che Emily avrebbe iniziato la scuola materna alla grande. A parte rare volte, è sempre stata felice con qualsiasi tata con cui l’ho lasciata, mi ha sempre salutata con un bacio e ha continuato a giocare; in Canada l’ho lasciata in un posto nuovo con parecchie babysitter diverse che non aveva mai visto prima e non ha mai avuto alcun problema.

Invece, inaspettamente, fin dal primo giorno di scuola materna mi è stato ben chiaro che avrei dovuto attraversare un processo di ambientamento emotivamente estenuante. Perché non me l'aspettavo? Perché non avevo tenuto in conto un fattore importante: tutte quelle volte che la lasciavo felice, lei era con Oliver.

Il secondo giorno, quando l’ho lasciata a scuola, anche se insicura, è entrata senza di me con Oliver e la guida Philippa; l’ho salutata, mi ha visto andare via ed è entrata comunque. Probabilmente si è fatta forte fino a quando è stata separata da Oliver e quando si è resa conto di trovarsi in una stanza piena di estranei e senza suo fratello, ha ceduto e pianto a sprazzi tutto il tempo.

Quando le insegnanti me l'hanno detto all'uscita, mi sono sentita morire, il viaggio in macchina è stato un flusso di pensieri inarrestabili.

Il mio primo pensiero è stato: “Se solo la coinvolgessero di più con canzoni e pagliacciate; se solo la distraessero con il cibo; se solo la prendessero in braccio; se solo la conoscessero come la conosco io” e tutto il non-senso che una madre emotiva pensa quando sa che suo figlio sta facendo fatica.

Il mio secondo pensiero è stato, “Forse non è ancora pronta, forse questo è il suo modo di dirmi che ha bisogno di più tempo a casa con me, forse dovrei ascoltare chi mi ha detto di aspettare il più possibile a iniziare l’asilo perché questa tappa non tornerà mai più”, e tutto il non-senso che una madre emotiva pensa quando sa che suo figlio sta facendo fatica.

Il mio terzo pensiero è stato: “Sono egoista, posso permettermi di trovare altri orari e modi di lavorare senza doverla sottoporre a questa sofferenza, perché non lo faccio?” e tutto il non-senso che una madre emotiva pensa quando sa che suo figlio sta facendo fatica.

Allora ho fatto un respiro, ho riflettuto con calma e mi sono detta. Classica ragnatela di pensieri:

“Carlotta, ma ti stai sentendo? Hai preso una decisione perché nel tuo cuore senti che è quella giusta per te e puoi concederti di essere egoista. Credi nella scuola che hai scelto, stimi le insegnanti e, di' la verità, nel profondo sapevi che questo sarebbe successo: ecco perché hai un herpes al labbro e sono notti che dormi male. Quindi ragiona: non c’è niente che le insegnanti possano fare o dire per renderlo più facile per Emily, dovrà affrontarlo come fece Oliver. Il cambiamento è sempre difficile, ma è per il meglio. Emily è prontissima, te l'ha dimostrato in tante occasioni, ha voglia di stimoli nuovi, ne avete parlato tanto. Questa separazione è sana e aiuterà anche la sua ossessione per la tetta. Questo è egoismo costruttivo, anche il tuo tempo personale è importante, ne hai il diritto al 100%".

Ecco, tutto questo aveva più senso, erano pensieri più sani. Perché quando respiriamo e riprendiamo il controllo del nostro cervello, ecco che possiamo pensare con razionalità.

Tutto questo, ovviamente, non toglieva il fatto che sarebbe stato un processo difficile e che forse non me l'aspettavo.

Alcuni dicono che dovresti mandare tuo figlio all’asilo il prima possibile se non vuoi che faccia fatica. Altri dicono dopo l’anno. Altri dicono sicuramente non tra i 12 e i 18 mesi. Altri dicono che se non l’hai mandato prima dei 18 mesi, aspetta fino a che non ne abbia tre, così passa la fase dell'auto-affermazione. Altri ancora dicono di salatre la materna e andare subito alla primaria.

È vero tutto e niente.

La verità più vera è che alcuni bambini fanno fatica a separarsi dai genitori per iniziare l’asilo o la scuola, altri no. Ho visto e sentito di tutto, non importa quanto piccoli o grandi fossero i bambini, quanto fossero abituati a stare lontani da mamma e papà e quanto fossero estroversi o introversi. Ho sentito di neonati e bambini che vanno all’asilo felici fin dal primo giorno senza mai una lacrima. Ho sentito di bambini che piangono per settimane prima di adattarsi e mesi per essere felici a scuola.

Quando si tratta di separazione, non ci sono regole. Non c’è un'età ideale. Non c’è trucco o consiglio per renderlo più facile. Nessuno a cui puntare il dito. Nessuna colpa da assegnare. Nessuno è preparato e non sa che cosa aspettarsi finché non lo vive.

Il meglio che possiamo fare (per noi) è scegliere una scuola di cui ci fidiamo, in cui sappiamo che, quando nostro figlio piange disperato all'entrata, l'insegnante lo accoglierà e farà qualsiasi cosa in suo potere per rendere il processo meno faticoso.

Il meglio che possiamo fare (per lui) è condividere le nostre emozioni con serenità, salutarlo quando lo lasciamo a scuola (non andare via di nascosto), sorridere, girarci e allontanarci.

E quando lo lasci in lacrime, respira a fondo e aspetta pazientemente: osserva le emozioni che prendono il sopravvento e poi osservati mentre riprendi il controllo del tuo cervello.

Come tutto, anche questa passerà.

Alcuni "trucchi" che ci aiutano a superare la separazione e le lacrime:

  • Parla tanto di scuola a casa ricordando il meglio. Trovo che questo funzioni bene per noi, soprattutto prima di andare a dormire, quando Emily si rilassa alla tetta.
  • Al mattino, mentre andate a scuola, ricordale cosa succederà in dettaglio (camminiamo fino alla porta, la mamma ti saluta, dai un grosso bacio e abbraccio a mamma, e poi entri, vai a giocare nel patio con gli altri bimbi [nomi]…).
  • Chiedi alla scuola alcune foto e mostrale a casa, nominando tutti i bambini e gli insegnanti e rendendola curiosa e interessate a ciò che si vede nell'ambiente.
  • Leggete libri insieme sul primo giorno di scuola.
  • Mettete un foglietto in tasca con l'ora in cui vi rivedete e dite che può confrontare quel foglietto con l'orologio dell'insegnante.
  • Fate un disegno per loro e dateglielo da tenere in tasca e guardare quando hanno bisogno della vostra presenza.
  • Fatevi lo stesso disegno sul polso e ditevi che quando vi mancate possiamo guardarlo e pensarci. 
  • Mostrate le vostre emozioni e preferite frasi come: “Mi mancherai in questo tempo, ma sono felice che tu sarai in un ambiente con tante cose e persone interessanti. Quando ci rivediamo, se ti va, mi racconti tutto".
  • Evitate frasi come “Anche io non ho voglia di andare a lavoro, ma ci vado comunque: allo stesso modo tu devi andare a scuola”. Frasi così rendono la scuola qualcosa di negativo che siamo forzati a fare.    

Aggiornamento 2020

Dopo un mese in cui Emily si era abituata soltanto in parte e piangeva ancora tutte le mattine, a ottobre ho decido di tenerla a casa. Ci sono due ragioni: 1. Potevo permettermelo e mi faceva piacere (più piacere che lasciarla in lacrime ogni mattina); 2. Emily stava lasciando il pannolino (l'ha lasciato presto, a 21 mesi) e sicuramente anche per quello era più insicura: aveva bisogno di affrontare un traguardo alla volta.

Il destino ha voluto, però, che anche se avevo deciso di tenerla a casa fino a gennaio, a fine ottobre sono stata inaspettatamente ricoverata in ospedale per un mese e quindi Alex si è visto forzato a portarla comunque. Anche se ancora incerta, questa volta è andata meglio, le insegnanti sono state il vero successo dell'operazione (non smetterò mai di ringraziarle) e anche se Emily ha avuto una grandissima regressione con la pipì e le insegnanti dovevano cambiarla anche 5 volte al giorno, entrava più serena e quando era lì non piangeva.

A volte la vita decide per noi.

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