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Ha senso forzare i nostri figli a “fare” un hobby?

Carlotta Cerri
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Domanda:

Mio figlio non vuole più andare a calcio, ma io ho già pagato la quota. Che faccio?

Risposta breve

La mia risposta breve è: dimenticati dei soldi, di quello che pensa la società, di quello che vorresti tu e ascolta tuo figlio, abbi empatia.

Personalmente, non credo che sia corretto forzare i nostri figli a fare un’attività che ci chiedono di smettere. Una cosa è spronarli a fare un’attività che pensiamo possa interessarli o convincerli a continuare un’attività che sappiamo che amano, ma che a volte genera resistenza; un’altra cosa è forzarli ad andare ad un’attività che hanno già provato e che non vogliono più fare.

Risposta lunghissima ;)

Ma non è mai tutto nero o tutto bianco, ovviamente, quindi ecco alcuni pensieri a ragnatela:

  • Credo fermamente che ogni bambino (e ognuno di noi) venga al mondo con un set di capacità, interessi, passioni e talenti unici e innati: solo quando i bambini possono sviluppare questi doni e perseguire questi interessi, si sentono (ci sentiamo) davvero completi.
  • Spesso vorremmo che i nostri figli facessero le attività e avessero gli hobby che noi non abbiamo potuto perseguire da piccoli (per me, è ballare), ma magari i loro interessi sono diversi. Il modo migliore di coinvolgere i tuoi figli nei tuoi hobby è mostrarglieli: la danza è uno dei miei hobby più grandi, e quindi chiedevo spesso ad Alex di portare Oliver ed Emily alle prove di ballo e spettacoli, e io ballo spesso in casa. Ma poi devo comunque accettare che è probabile che (per ora?) non siano interessati a ballare. Anzi, io credo che sia sempre molto più facile e produttivo appassionarci noi ai loro hobby.
  • Se osserviamo i nostri figli, possiamo capire (quasi) sempre quali sono i loro interessi. Magari non sono sport come calcio o ballo, ma un interesse per la natura e gli animali, che possiamo assecondare comprando libri, guardando documentari con loro e mostrandoci interessati a nostra volta… Per i nostri bambini, la gioia più grande è vedere in noi entusiasmo per un loro interesse (che sia la natura, i Lego, disegnare o il calcio…).
  • Non mentire. Se tuo figlio inizia le lezioni di calcio e non è portato, non dirgli che è “bravissimo” o “bravo come gli altri” per motivarlo. Se lui non si sente bravo, saprà che gli stai mentendo. Sii onesto. Puoi motivarlo a continuare anche dicendogli la verità.
  • La personalità gioca un ruolo importante: la migliore amica di Oliver è una bimba che se non sa fare qualcosa, ci prova mille volte finché ci riesce, le difficoltà non la intimoriscono. Oliver è un bambino osservatore e cauto, che spesso si rifiuta di fare ciò che non si sente in grado di fare o ciò che gli sembra difficile. All’inizio lo spingevo a provare, ma con il tempo ho capito che è più importante assecondarlo e ascoltarlo, validare le sue emozioni e non sminuirle con frasi come “Ma dai, è facilissimo”, “Guarda la tua amica”… se vorrà, lo farà quando si sentirà pronto, e non rischio di trasformare una potenziale passione  in un rifiuto.
  • Ma se non ci prova mai come fa ad imparare? Magari non ha interesse ad imparare quella determinata attività, ci hai mai pensato? ;-) Inoltre credo che quando troverà una passione che lo travolga, probabilmente supererà questa barriera naturalmente. E se no, se la sua personalità lo blocca di fronte a nuove esperienze, dovremo pazientemente lavorarci con lui, con empatia e rispetto, e accettare che sarà qualcosa su cui dovrà continuare a lavorare nella sua vita adulta.
  • A volte ci troviamo di fronte a bambini che adorano fare l’attività mentre la stanno facendo, ma fanno fatica prima dell’attività, con tanto di crisi e pianti per andarci (per Oliver a volte era così con il nuoto, che adora). Questa resistenza è generalmente solo una fase, soprattutto se escono dall’attività felici, ma possiamo provare ad aiutarli dando loro più controllo decisionale possibile quando si tratta di quell’attività: per esempio, con bambini di 4-5 anni, potremmo lasciare che decidano se andare in macchina o in bus (qualcosa di inaspettato), che costume mettere, che borsa preparare, che merenda portare, e tutte quelle piccole decisioni che li facciano sentire più in controllo.
  • Con bimbi più piccoli che mostrano resistenza a nuove esperienze (come Oliver), quando si inizia una nuova attività a pagamento è meglio scegliere un posto dove si posa pagare a lezione o a trimestre. Inoltre, è importante dare aspettative corrette e spiegare loro nei dettagli ciò che succederà, gli esercizi che si faranno, magari farglieli addirittura vedere a casa :-)
  • Quando il problema non è l’attività per sé: 1. Possiamo offrire di restare con loro mentre fanno l’attività (o nel caso di bimbi più piccoli, chiedere se possiamo partecipare): li può incoraggiare e può fare davvero la differenza.2. Se pensiamo che il problema sia che non si sentono bravi, possiamo condividere nostre esperienze e sensazioni di quando non ci siamo sentiti bravi in qualcosa, o farli parlare con qualcuno che condivida la loro passione (o un’altra passione) e che magari abbia avuto difficoltà ad iniziare.  3. Se pensiamo che il problema siano i compagni (che li prendono in giro, per esempio) possiamo parlare con loro e concentrare l’attenzione su compagni che sono gentili e che, invece, li aiutano.
  • C'è la tendenza a pensare che i nostri bambini debbano per forza perfezionare un'attività sola, ma a me piace molto l'idea, invece, di considerare i primi 10-15 anni come un menù degustazione. Più attività provano, più hanno capiscono che cosa fa davvero per loro e più sapranno che cosa perseguire da adulti – e per allora avranno già una bella base in tante attività.   

Nella genitorialità è vero tutto e il contrario di tutto

Detto questo, credo ci sia una differenza enorme tra forzare i nostri figli a fare un’attività e lasciare, invece, che si arrendano troppo in fretta (specialmente con bambini che hanno una tendenza naturale a frustrarsi e arrendersi di fronte alle difficoltà).

Alex mi dice sempre che avrebbe voluto che suo padre non lo assecondasse sempre nella decisione di lasciare un hobby e invece lo spronasse di più a continuare.

C’è sempre un po’ di timore e insicurezza quando si inizia qualcosa di nuovo e con un bambino un po’ più grandicello (4-5 anni) credo valga la pena insistere e spiegare che è giusto dare a noi stessi e all’attività almeno la possibilità di arrivare al momento in cui la paura e l’insicurezza spariscono prima di arrendersi (perché quel momento arriva sempre).

Dico questo perché credo anche che, nonostante ognuno di noi abbia indubbiamente degli interessi più spiccati e innati che vale la pena perseguire, la vera passione ce la creiamo: più si fa qualcosa, più si diventa bravi a farlo; più bravi si è, più ci si diverte; più ci si diverte, più ci si appassiona. Ne ho scritto tanti anni fa qui e qui.

Un buon compromesso potrebbe essere decidere insieme di fare ancora un tot di lezioni (2-3 mesi) prima di arrendersi: anche in questo caso userei l’aiuto di un foglio con dei cerchi che rappresentano il numero di lezioni che dobbiamo ancora fare prima di arrenderci. Ogni volta che facciamo una lezione, coloriamo un cerchio. Quando tutti i cerchi sono colorati, possiamo decidere se continuare o abbandonare, ma almeno abbiamo dato una buona opportunità all’attività.

Questo, ovviamente, tenendo sempre le antenne belle alte e ricettive e possibilmente stare a guardarli durante l’attività per capire se magari, invece, per diverse ragioni, sia meglio smettere.


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