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Sul mettere in dubbio le autorità

Il titolo non fa il professionista, dobbiamo sempre essere critici e inquisitivi noi per primi.

Carlotta Cerri
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NB. Dei lettori mi hanno fatto notare che in Italia c'è una mentalità molto negazionista (che per me è nuova, avendo vissuto in Spagna dal 2007) e che questo post potrebbe essere preso come tale. Visto che per onestà intellettuale non sono solita a cambiare le parole che scrivo e pubblico – posso cambiare una mia visione, ma non rinnegarla – faccio un appunto. 

Quando suggerisco di mettere in dubbio le autorità e informarsi, intendo dire non accettare ciecamente tutto ciò che esce dalla bocca dei medici. Ho trovato molti professionisti validi nella mia vita, ma anche molti poco validi. Per questo ho imparato a fare ricerca e informarmi. Quando dico "fare ricerca" intendo *prima* della visita. Non vado dal medico con il presupposto che non sappia nulla, ovviamente, ma vado preparata, avendo un'idea del problema, conoscendo la terminologia per parlare la stessa lingua ed essendo informata per poter fare domande se qualcosa non mi torna. Questo è il modo di "mettere in discussione le autorità" di cui parlo nell'articolo.


Sapete che sono molto (infinitamente) selettiva quando si tratta di medici, perché non credo che il camice bianco sia sinonimo di buon professionista.

Quando abbiamo problemi di salute, facciamo le nostre ricerche approfondite e se non corrispondono con quello che dice il medico o il pediatra, mettiamo in dubbio la sua opinione e/o ne cerchiamo una seconda. Crediamo che sia un nostro dovere mettere in dubbio l'autorità qualora non ci convinca, perché purtroppo il titolo non fa il professionista.

Questo ha risparmiato ai bambini tantissimi antibiotici non necessari.

Ha risparmiato a Oliver un catetere conficcato su per il pene, quando bastava un semplice sacchetto per l’esame dell’urina: non dimenticherò mai lo sguardo di condiscendenza del pediatra – che però dovette poi darmi ragione.

Ha risparmiato a Oliver radiazioni non necessarie quando mi rifiutai di consentire una radiografia alla mano per una semplice unghia che cadeva senza dolore alcuno al dito: “Ma signora, lo sa che tenere il cellulare vicino al bambino è più pericoloso di una radiografia?”, fu la risposta del pediatra, con tanto di risata (il peggio del peggio è un professionista con l’ego gigante, perché si passa subito ad abuso di potere).

Ha risparmiato a me ulteriori settimane di ospedale quando i medici pensavano che un antibiotico stesse funzionando – “perché non ha la febbre” – mentre mi riempivano di antidolorifico (ovviamente con un antidolorifico forte, che gtra l'altro non sapevo mi stessero somministrando ogni giorno, la febbre non c'è): rifiutai l’antidolorifico, la febbre alta tornò in un istante e i medici dovettero ritornare sui loro passi. In quel caso dovettero mettermi un drenaggio più spesso, con non poco dolore: l'antidolorifico aveva solo aumentato il periodo di dolore.

La lista potrebbe continuare, ma il punto è: avere un titolo non rende nessuno un professionista. Dovremmo sempre essere critici e inquisitivi e mettere in dubbio le autorità, specialmente quando si tratta della nostra salute o di quella dei nostri figli.

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