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L'importanza del mindfulness per i genitori: impariamo a «ricalcolare il percorso» quando siamo provocati

Carlotta Cerri
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Alcune settimane fa, la bella conferenza online di Happily Family sull’essere genitori mi ha ricordato il concetto di “mindfulness” (che letteralmente significa “consapevolezza”, ma la parola inglese esprime molto di più), di quanto sia importante essere consapevoli delle nostre emozioni e vivere il momento presente–e mi ha motivata a fare un passo indietro e reimpostare le mie priorità.

Non è stato facile, ma non appena ho deciso di iniziare, ho cominciato a sentirmi più felice, ed è per questo che oggi voglio condividere con te il mio progresso in queste poche settimane di “mindfulness”–perché mi sembra che troppi genitori volino da una giornata all’altra cercando di fare più attività possibile per i loro piccoli e se stessi. Se pensi di essere uno di questi genitori, ti invito a continuare a leggere.

Il potere del mindfulness

La prima volta che ho sentito parlare di “mindfulness” (circa 3 anni fa quando ero incinta di Oliver) non l’ho capito, ma è più facile di quanto sembri (la teoria, non la pratica): significa semplicemente prestare attenzione apposta. Significa essere consapevoli del nostro ambiente, degli odori e i suoni intorno a noi, e, a livello più profondo, delle nostre emozioni e delle reazioni–il tutto con intenzione.

A livello pratico, potrebbe significare godersi a fondo il bacio della buonanotte di tuo figlio, lasciarsi sprofondare in un abbraccio di tuo marito in cucina, notare le piccole cose che di solito diamo per scontate, come il calore del sole sulla pelle, la freschezza dell’acqua fredda in una giornata calda, la sensazione della sabbia sotto i piedi, la bellezza di un albero in fiore. E ovviamente significa anche notare le emozioni negative: la frustrazione quando tuo figlio non fa quello che gli chiedi, l’ansia quando le cose non vanno come vorresti, la rabbia quando qualcuno ti fa qualcosa di sbagliato, la tristezza quando qualcuno ti delude.

Dopo la conferenza, ho fatto uno sforzo per praticare “mindfulness” quotidianamente: ho cominciato a ritagliarmi pochi minuti al giorno per sedermi e respirare (anche solo un minuto alla volta, quando ho tempo); ho riorganizzato le mie priorità per poter essere più presente quando sono con i miei figli; ho cercato di non lasciare che le preoccupazioni e lo stress di ogni giorno influenzino il mio stato d’animo (più facile a dirsi che a farsi!); ho cominciato a notare apposta le cose intorno a me, anche quelle stupide come il suono del barista che fa il caffè (ora posso dire di riconoscere con precisione assoluta chi sta facendo il caffè a Mama’s Bakery, il mio bar preferito).

E ho notato che quello che mi ha offerto la pratica del “mindfulness” è principalmente un bottone di pausa: essendo più in contatto con le mie emozioni e l’ambiente intorno a me, capisco meglio quando sono provocata, riesco ad anticiparlo e a premere il bottone di pausa per scegliere la mia reazione.

Michelle Gale lo ha spiegato in modo meraviglioso: praticare “mindfulness” allunga il divario tra uno stimolo (cosa succede) e la nostra reazione a quel determinato stimolo, e questo fa una grande differenza per un genitore. Perché ammettiamolo, ciò che tutti noi genitori vogliamo è sentirci in controllo delle nostre reazioni e scegliere le nostre risposte. Quando siamo provocati, è proprio quando dobbiamo metterci in pausa, spiegare al bambino che “adesso ho bisogno di calmarmi così posso stare meglio con te”, e andare via per un attimo. Ho notato soprattutto che ciò che aiuta molto me è immaginarmi in una situazione stressante con i miei figli prima che accada, e immaginare la mia reazione per poi provare a metterla in pratica quando sino provocata: ci riesco tre volte su dieci, ma piano piano miglioro.

Sii come un GPS!

Questo vale anche per un concetto simile che ho sentito alcune settimane dopo (l’universo mi stava cercando di dire qualcosa!) in un altro seminario di disciplina positiva di Macarena Soto Rueda (Un Mundo Educado). Stavamo parlando di quanto sia facile arrabbiarsi quando il nostro bambino fa un errore–si mette le scarpe al contrario quando siamo di fretta, rompe qualcosa, versa un bicchiere d’acqua, dipingere il divano, chi più ne ha più ne metta!–e Macarena ci ha chiesto cosa farebbe un GPS. Ero confusa anche io, ma continua a leggere. Immagina che stai guidando, arrivi ad una rotonda e il tuo GPS ti dice di prendere la terza uscita. Sei distratto e ti sbagli: cosa ti dice il GPS? “Ricalcolando il percorso”. Il GPS si arrabbia? Ovviamente no. Non importa quante volte prendi l’uscita sbagliata, il tuo GPS ti dirà sempre “ricalcolando il percorso” con una voce gentile e composta.

Mi è subito sembrata una metafora potente–specialmente quando mi fermo a pensare a come mi sentirei io, che sbaglio sempre strada, se il mio GPS mi chiamasse “scema” o mi facesse sentire in colpa per essere andata nella direzione sbagliata–e da allora, quando sono provocata, faccio uno sforzo per premere il pulsante di pausa, faccio un respiro profondo e mi dico: “Ricalcola l’itinerario, Carlotta”. Non ci riesco ogni volta, ma miglioro ogni giorno.

Quindi oggi vorrei invitarti a provare anche tu per due settimane e sperimentare la differenza sulla tua pelle. Fai un passo alla volta, comincia a praticare un po’ di mindfulness ogni giorno, lentamente impara ad entrare più in contatto con le tue emozioni, a riconoscere quando ti senti provocata e anticiparlo, e quando senti che stai per esplodere, prova a premere il tuo pulsante di pausa, respirare profondamente e scegliere la tua risposta. Credo che anche questo sia un modo per diventare genitori migliori, modelli migliori, educatori migliori e persone migliori. Insomma, ricalcoliamo l’itinerario!

Aiutiamoci, mamme e papà!

L’altro giorno ero esausta dopo un paio di notti insonni. Eravamo a casa di amici ed era ora di pranzo: non solo Oliver non voleva niente di quello che avevo preparato e portato con amore per lui, ma ha fatto cadere l’unica cosa che voleva (i piselli). La mia prima reazione mentre mi chinavo a raccogliere tutti i piselli dal pavimento è stata quella di arrabbiarmi con Oliver, ma poi ho sentito la voce di una mia amica: “respira”. Grazie Sarah, ha fatto una differenza enorme!

Mamme e papà, aiutiamoci: siamo tutte/i sulla stessa barca!

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