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Episodio 35 ·

Allattamento: la mia visione, i miei errori, la mia esperienza

In questo episodio di Educare con Calma vi racconto la mia esperienza con l’allattamento, con lo smettere di allattare e anche come la mia visione sull’allattamento sia cambiata (anche grazie a un errore di cui mi sono vergognata a lungo).

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  • Co-schooling – educare a casa: un corso online su come affiancare il percorso scolastico per dare l’opportunità ai bambini di non perdere il loro naturale amore per il sapere.

Trascrizione automatica (grazie per la tua pazienza):

Oggi a grande richiesta vorrei raccontarvi la mia esperienza con l’allattamento. Premetto che è da tantissimo che voglio registrare un episodio sull’allattamento e avevo anche una collezione di articoli e podcast da leggere e ascoltare per farmi un’idea migliore di ciò che volevo dirvi, ma ho poi deciso di non leggere nulla. Di andare a istinto e seguire quello che sento di aver voglia di raccontarvi. Quindi questo non sarà un episodio informativo, ma mi limiterò a raccontarvi la mia esperienza d’allattamento con entrambi i miei bambini, le mie sensazioni durante l’allattamento, tra cui un aneddoto di cui mi vergogno un po’ ma che ho superato e vi racconterò, e poi anche come abbiamo smesso e perché abbiamo smesso e su questo magari mi soffermerò un po’ di più perché credo sia un tasto dolente per molte mamme che sentono di essere arrivate al loro limite personale, ma non sanno come smettere o si sentono in colpa anche solo al pensiero di smettere. E ovviamente parlerò di tutto questo con onestà, senza troppi peli sulla lingua, ma spero davvero con più tatto possibile, anche contando come sempre sulla vostra accoglienza. Quindi, allacciatevi le cinture di sicurezza, aprite la mente e accoglietemi. Sono un po’ nervosa, perché questo sembra essere uno di quegli argomenti che genera sempre discussioni poco produttive, gente che si accanisce l’una contro l’altra, di quelle che proprio a me non piacciono, MA voi sapete che io non credo nel non parlare di temi scomodi e soprattutto credo che sia possibile parlare di temi scomodi iniziare a puntarsi le dita addosso e credo che se c’è una comunità che può farlo siete voi qui sulla tela. Che ne dite, ci proviamo?  

Prima di tutto, parliamo dell’elefante nella stanza. Al bando i giudizi. 

Hai allattato? Non hai allattato? Hai smesso a 2 mesi? Hai smesso a 5 anni? Va bene. Va tutto bene. Qui non c’è giudizio. Non dovrebbe esserci giudizio in nessuna stanza reale o virtuale dove entri, ma so bene che purtroppo non è così. Soprattutto sui gruppi di Facebook, sui social media, sul web in generale, ovvero ovunque la gente possa nascondersi dietro a uno schermo. 

E qui ne approfitto per raccontarvi l’aneddoto incriminante di cui vi parlavo, perché anche io ho fatto parte di quel gruppo di persone che puntano il dito.

Molti anni fa, quando avevo appena iniziato ad allattare oliver, scrissi un post che intitolai Allattare è una responsabilità, non una scelta. Nel post scrivevo cose come “Come siamo arrivati a credere che un figlio si può NON allattare? Che il latte artificiale sia altrettanto buono? Che allattare sia una scelta, non una responsabilità?”. Scrivevo Che non condivido chi si nasconde dietro scuse tipo non ho latte o con il mio latte non si sfama, e proseguivo scrivendo che queste erano solo leggende metropolitane, che più si allatta, più si produce latte, che “non ho latte” è una scusa ecc ecc ecc Se vedeste la mia faccia in questo momento, è un mix tra l’emoticon con la mano sulla fronte e quella con gli occhi alzati a al cielo. 

Meno male che allora non mi seguiva ancora nessuno, perché oggi so che quelle parole avrebbero potenzialmente fatto molto, molto danno. Perché le parole fanno danno. Sono coltelli affilati e noi siamo i portatori di quei coltelli e quindi siamo gli unici responsabili di come li usiamo. 

Quel post sono stata a punto di cancellarlo moltissime volte, ma non l’ho mai fatto, perché 1. non sono solita rinnegare il passato e i miei pensieri e 2. perché è uno di quei post che mi ricorda quanta strada io abbia percorso e quanto lavoro su di me abbia fatto da allora. Mi è sembrato però doveroso aggiungere una parte con alcune riflessioni di 4 anni dopo, perché non trovavo giusto lasciarlo così: non perché la mia opinione sull’allattamento sia cambiata, non ho problemi a dire che continuo a sostenere che il latte materno sia il più nutriente per il bambino, che personalmente se è possibile consiglierei sempre l’allattamento a richiesta e che in un mio personale mondo ideale tutti i bambini sarebbero allattati e tutte le mamme sarebbero felici di allattare. 

Ma siccome non viviamo in quel mio mondo ideale, NON POSSO permettermi di giudicare chi non la vede così, non posso permettermi di giudicare chi sceglie di non allattare, non posso permettermi di giudicare chi vive l’allattamento come una scelta e non come una responsabilità. E nemmeno tu puoi permetterti di farlo.

Io ho conosciuto tante madri che hanno fatto sforzi e sacrifici sovrumani per allattare per settimane, mesi addirittura, che una volta ricordo erano gli stessi medici che avevano detto alla mia amica di lasciare perdere, ma lei non voleva accettare, voleva allattare e alla fine ce l’ha fatta, ha allattato, e anche molto più a lungo di me. A queste madri va la mia stima, volevano allattare e ce l’hanno fatta. Sono felice per loro!

Ma ho conosciuto anche tanti madri che hanno SCELTO di non allattare (non parlerò qui di chi non ha potuto per malattie, quello credo sia un altro discorso). Parlo di mamme che probabilmente potevano allattare ma hanno ammesso di non volerlo fare perché c’erano dei campanelli di allarme, magari hanno vissuto da subito l’allattamento come un forte rifiuto, come un’obbligazione, o magari facevano i conti con la depressione, con l’ansia, o magari allattare ha fatto riemergere vecchi traumi non risolti… e allora hanno detto NO, io devo pensare alla mia salute mentale. Anche a queste madri va la mia stima, perché hanno scelto di pensare prima a se stesse e hanno avuto il coraggio di farlo. E sono felice per loro. 

Perché non è facile in una società che punta il dito, perché possiamo girarci intorno ma abbiamo spesso il giudizio sulla punta della lingua. Siamo abituati così. Spesso giudichiamo senza pensare, a volte perché siamo stati cresciuti da genitori che ci giudicavano in continuazione e quindi il giudizio è l’unico tipo di comunicazione che conosciamo; altre volte perché siamo feriti, arrabbiati, repressi, frustrati e lo riversiamo sugli altri; e a volte come nel mio caso quando scrissi quell’articolo, magari perché non ci abbiamo ancora pensato: io allora non avevo ancora fatto il mio percorso personale di empatia, non ero ancora abituata a mettermi nei panni degli altri in ogni situazione, a ogni passo, non ero ancora abituata a pesare le parole e a dare il beneficio del dubbio, non avevo ancora interiorizzato quanto danno possano fare le parole, quanto danno possa fare la mia opinione personale che si usa dire, no, quando sappiamo di stare dicendo una cosa scomoda, magari introduciamo con “ah ma questa è la mia opinione personale” e spesso ci sentiamo in diritto di dire anche quando di una persona  conosciamo solo una minima parte di vita, la punta dell’iceberg.

E il problema di questo atteggiamento è che poi sai chi è la vittima di questa opinione personale che ci sentiamo in diritto di dire, ed esprimiamo magari senza il dovuto tatto, senza la dovuta empatia, senza pesare le parole? La vittima è la mamma che non vuole allattare, ma non è forte abbastanza da dirlo; la mamma che sente che c’è qualcosa che non va, ma si vergogna a cercare aiuto perché come può essere che non vuole allattare suo figlio?; la mamma che si sente sbagliata perché crede di dover provare così tanto amore per il figlio da volere solo il meglio per lui e il meglio a detta della società è l’allattamento…

E mi si stringe il cuore a pensare a queste mamme, mi si stringe ancora di più il cuore a pensare a una di queste mamme che magari capita sul mio articolo originale, quello che era solo giudizio, la mia opinione personale che mi ero sentita in diritto di scrivere, e mi si stringe il cuore perché immagino come si possa sentire quella mamma, quanto danno le farei.

E come sempre mi sono dilungata, seguendo fili della mia ragnatela di pensieri, ma tutto questo era per farvi capire perché quell’articolo che ho scritto era così sbagliato e perché ho voluto aggiungere le mie riflessioni di 4 anni dopo.

Oggi so che la PRIMA responsabilità verso i nostri figli è la nostra salute mentale. Se allattare non fa sentire bene, se, anzi, fa sentire male, se lo si sente come una tortura, se lo si odia segretamente così tanto da sentire di avere voglia di scappare, per esempio… vorrei che si normalizzasse il fatto che è possibile, è anche normale,  ma queste non sono scuse: questi sono campanelli d’allarme, segnali della mente, a cui bisogna prestare attenzione. Parlo spesso di egoismo costruttivo,, che mette al primo post la salute mentale, ed è un egoismo sano perché conoscerci, accettarci e prenderci cura di noi stessi è il primissimo passo per crescere i nostri figli in maniera consapevole, nel rispetto, a lungo termine, come dico io. 

E a volte scegliere di non allattare è egoismo costruttivo, perché è comunque egoismo, una mamma che sceglie di non allattare si mette al primo posto a discapito di ciò che è scientificamente meglio per il figlio, ma è un egoismo costruttivo perché se quella mamma non si prende cura di sé, rischia di compromettere la propria salute mentale, e quando un genitore non sta bene, il figlio non sta bene. E vedendo l’andazzo sui gruppi di Facebook, e quanta poca accoglienza c’è per chi parla di allattamento, immagino che ora potrebbe sollevarsi un polverone perché ho detto che non allattare è egoista, ma personalmente credo che sia molto più sano e molto più onesto intellettualmente dire la verità con empatia e rispetto, e accettare la verità con altrettanta empatia e rispetto. Dal punto di vista del bambino che abbiamo messo al mondo, non allattare è di fatto una scelta egoista, ma per alcune mamme può essere la scelta giusta e questo solo una madre può deciderlo e non dovrebbe mai sentirsi giudicata per questa sua decisione. Anche perché per fortuna esiste il latte artificiale e non è che il bambino muore di fame. Quindi smettiamo di giudicare, smettiamo di vivere nelle opinioni estreme, smettiamo di sentirci giudicati e normalizziamo le verità accogliendole con accettazione e rispetto. 

Ricordo che quando ero incinta di Emily (quindi la seconda gravidanza) l’ostetrica che al corso preparto ci parlò dell’importanza e dei benefici del latte materno, ci disse che ogni mamma può allattare se lo vuole e lo desidera, e ci rassicurò che anche quando sembra che non funzioni, se la mamma lo desidera davvero può ottenere… continuava a ripetere “se la mamma lo desidera”. Lo ha detto tantissime volte. 

E sicuramente furono proprio quelle semplici parole “se la mamma lo desidera” a normalizzare la sensazione di una mamma che partecipava al corso e a facilitare un suo commento, in cui ci ha espresso la sua sensazione di rifiuto quando pensava all’allattamento: E l’ostetrica le disse qualcosa del tipo: “Se quando avrai tuo figlio tra le braccia, appoggiato sul petto per la prima volta, proverai ancora questa sensazione, non avere timore di ammetterlo a te stessa e agli altri come hai fatto ora. Se non vuoi allattare, il tuo corpo lo sente e te lo rende non solo difficile, ma anche intollerabile. Ascolta sempre la tua mente e il tuo corpo. Ciò di cui tuo figlio ha bisogno più di tutto è una mamma serena, che si apprezza e si stima”.

E poi le disse anche di non preoccuparsi perché esiste il latte artificiale, che è un’opzione molto più valida che soffrire ad ogni poppata. Perché non ha senso che il pensiero dell’allattamento non le permetta di vivere con gioia la gravidanza e i primi momenti (o anche i primi mesi) con suo figlio.

E queste parole me le porto dietro da allora e sono sicuramente state il primo semino che ha cambiato poi tutta la mia visione sull’allattamento e ha creato in me molta più empatia per coloro che hanno fatto scelte diversa dalla mia.

E appunto, come forse avrete capito io ho deciso di allattare, non ho mai avuto dubbi, non ho mai avuto ripensamenti, nemmeno quando ho avuto 4 mastiti di fila e sofferto come solo chi ha avuto una mastite può capire, insomma, non mi è mai balenata l’idea di smettere di allattare. Tra l’altro, visto che poi me lo chiedete, io la mastite io l’ho sempre e solo curata sotto la doccia bollente con massaggi in profondità, come se mungessi una mucca insomma, un dolore allucinante, ma per me super efficace. Ma questa è un’altra storia, perché mastiti a parte, L’allattamento per me è andato sempre alla grande, io ero felicissima di avere sempre il cibo con me, ho sempre usato anche il seno come strumento per calmare i miei figli, non ho mai avuto la sensazione o la preoccupazione che questo potesse viziarli, io ero serena e loro erano sereni. 

Smettere di allattare è stata un po’ un’altra storia. Con oliver è stato facile, un paio di mesi dopo che era nata Emily e che io li avevo allattati in tandem, Oliver ha deciso che il seno era per emily: un giorno gliel’ho offerto, e lui ha fatto no con la testa e ha girato la testa di emily che era in braccio a me verso il seno. Io ho tradotto il gesto in parole perché allora non parlava ancora “ah è per emily? Tu non lo vuoi più. Sei sicuro?” E voilat, così abbiamo smesso. Me lo ha richiesto un paio di giorni dopo in un momento di crisi, ma io avevo visto che era sereno anche senza e allora gli ho ricordato che ora il seno era per emily, l’ho abbracciato, gli ho detto sono qui con te e gli ho offerto un po’ d’acqua. In quel momento io ho sentito che essere coerente con la nostra decisione di smettere fosse la cosa giusta e allora non ho ceduto.

Con Emily è stata tutta un’altra storia, perché la privazione del sonno di cui ho parlato in uno dei primi episodi aveva davvero un effetto nocivo su tutto, si ripercuoteva un po’ su tutti gli ambiti della mia vita, e a un certo punto anche sull’allattamento. Con Emily sono arrivata a provare la sensazione di non volere più allattare mi sembra verso i 16-17 mesi di mesi, sensazione che purtroppo non coincideva con la preferenza di Emily, che invece avrebbe preso titty dal mattino alla sera, titty e il nome con cui emily chiama il seno.

Fortunatamente allora io avevo già fatto questo mio percorso di conoscenza di me stessa e di cura personale e della mia salute mentale e quindi riconoscevo i campanelli d’allarme. Nel momento in cui ho cominciato a sentire il rifiuto ho subito agito, perché sapevo che il mio non agire e magari ingoiare il rifiuto, sarebbe diventato un problema più serio, sopratutto perché allora non dormivamo ancora e io non avrei avuto le forze di andare contro questa mia sensazione.

E Quindi che cosa ho fatto? Ho prima di tutto preso coscienza del mio limite personale e capito che sì, effettivamente volevo iniziare a smettere di allattare. Poi ho accettato che mi sentivo un po’ in colpa per questa sensazione e decisione di smettere di allattare prima del tempo (tempo che mi ero prefissa io, eh, non credo che ci sia un tempo che bisogna rispettare). Poi ho preso questi sensi di colpa, li accartocciati, buttati per terra, ci ho saltato sopra e poi gli ho dato fuoco, perché so che questo è quanto dovremmo fare tutti con i sensi di colpa che non hanno alcun senso nella nostra vita, non offrono alcun insegnamento, e soprattutto non sono mai mai mai costruttivi. Io sono stata fortunata perché questo è successo con la seconda figlia, e non con il primo, perché con oliver non avevo ancora tutti questi strumenti.

Poi dopo aver accolto l’emozione, accettato il limite e bruciato i sensi di colpa, ho fatto un piano d’azione nella mia mente che consisteva in 3 parti: 1. rimuovere il latte di notte, che era il momento in cui pativo di più l’;allattamento; 2. ridurre durante il giorno parlando con emily e facendole capire che il seno è mio; 3 smettere completamente di comune accordo.

E ora vi dico come è andata, perché non è successo nulla di tutto ciò e nulla come me lo ero immaginata, ovviamente, perché i piani nella mia esperienza aiutano ad accettare ancora di più la situazione perché se facciamo un piano significa che siamo ancora più pronti a metterlo in atto, ma raramente funzionano.

Quindi 1. Rimuovere il latte di notte. L’abbiamo rimosso e abbiamo inserito l’acqua. Parlavamo molto durante il girono con emily, alla sera prima di andare a dormire ne parlavo di nuovo con lei, le ricordavo che di notte non c’era più titti, andavamo a riempire insieme la bottiglia, la mettevano vicino al letto, avevamo anche attaccato un piccolo cartellino con scritto emily sulla bottiglia che le era piaciuto tanto, e poi idealmente dicevamo ciao a titty, ovvero non l’addormentavo con il seno. Questo non è successo, piangeva come una disperata, e allora sono tornata sui miei passi, ne abbiamo parlato e abbiamo deciso che per andare a dormire poteva prendere titty e salutarla così per l’ultima volta. E questo era sembrato funzionare perché poi di notte in realtà quando si svegliava andavo lì o andava alex e le davamo l’acqua, lei piagnucola un pochino ma poi beveva e si metteva giù. E poi dopo una settimana o forse due (la memoria fa cilecca) andava veramente abbastanza bene e poi Emily si è ammalata. E quindi sono ritornata nuovamente sui miei passi, perché tutto ciò che voleva era titty e il mio istinto mi diceva dagliela. E così sono tornata a dargliela anche di notte. Io personalmente non credo che quando si prende una decisione non si possa tornare sui propri passi, credo che sia un errore che fanno molti genitori, pensare che le decisioni debbano essere definitive e rigide, mentre invece va bene la coerenza ma ci va a che un minimo di flessibilità perché la flessibilità è la bacchetta magica della maternità. Quindi l’ho riallatatta di notte finché non stava di nuovo bene e poi abbiamo inciato di nuovo il processo, ma questa volta è andato meglio, lo ricordo meno “difficile”. E poi se non ricordo male si è ammalata un’altra volta a distanza di poco e quindi sono ritornata ad allattarla di notte, e poi abbiamo riniziato il processo. Quindi è stato un tira e molla, ma piano piano, senza fretta, con più o meno pazienza ce l’abbiamo fatta. Questo mi aveva anche liberata un po’ perché ora anche alex poteva andare a darle l’acqua e lei non piangeva disperata come quando alex andava e lei si aspettava titty. Quindi anche se non è stato facile, per è stata un’esperienza positiva. 

 

Allo stesso tempo, avevo iniziato a mettere in atto la seconda parte del mio piano ovvero dare degli orari più rigidi E iniziare a fare un discorso con Emily ogni giorno sul fatto che Titti fa parte del mio corpo e che il mio corpo va rispettato e che soprattutto lei può prendere Titti solo con il mio consenso e questa credo che sia stata la prima volta quando Emilie aveva 18 mesi che abbiamo parlato di consenso tra l’altro proprio sul consenso vorrei farò un episodio del podcast sul tema educazione sessuale perché credo che sia molto importante e ce l’ho lì nelle cose da fare.

Questo è stato importantissimo perché Emilie aveva bisogno di capire che doveva rispettare il mio corpo e quando hai iniziato a rispettare il mio corpo io subito mi sono sentita molto meglio. A volte piangeva, a volte non lo capiva, ma generalmente in quei momenti quello che io facevo era continuare a ripeterle che era il mio corpo, che doveva aspettare il mio consenso, e che appena avessi avuto voglia le avrei dato Titti. E generalmente quello che facevo era calmarla in modo che fosse completamente tranquilla le dicevo ti capisco sono qui con te e poi quando lei era calma iniziavamo a fare un gioco insieme giocavamo per qualche minuto e poi ero io a offrirle Titti perché in quel modo lei capiva che comunque Titti arrivava ma arrivava con la mia offerta perché è il mio corpo.

Devo dire che non ci ha messo molto ed è diventata un’abitudine quella di chiedere Titti, tra l’altro la chiede ancora oggi quando magari sono nuda in bagno dopo la doccia, mi chiede can I touch titti oppure alla sera quando andiamo a dormire lei tocca sempre Titti, è così che si addormenta, però me lo chiede sempre addirittura me lo chiede anche quando si fa male e ha voglia di quel conforto, perché comunque toccare Titti per lei è ancora un conforto e quindi arriviamo all’ultima parte del mio piano, ovvero smettere completamente di allattare. 

In realtà quando Emily ha cominciato a rispettare il mio corpo e ha cominciato a chiedermi tutte le volte che voleva Titti, io non avevo più fretta di smettere di allattare. E infatti avevamo trovato veramente un equilibrio perfetto che andava bene ad entrambe e quindi io avevo deciso che avrei continuato ad allattare. La allattavo magari 2-3 o 4 volte al giorno, lei era serena, io ero serena e quindi non c’era motivo a quel punto di smettere di allattare, quindi avevo accantonato la terza parte del mio piano.

E poi ovviamente cosa è successo? Sono finita in ospedale. Perché la vita non va mai come te l’aspetti ed è per questo che per me ha poco senso fare piani rigidi. E quella volta è stata una dimostrazione lampante di questa cosa. Io sono finita in ospedale per un’operazione di appendicite dove dovevo andare a casa il giorno dopo, e ci sono rimasta un mese per una peritonite e quindi, con antibiotici fortissimi, abbiamo dovuto smettere di allattare. È stato traumatico, molto traumatico per entrambe perché a quel punto io non volevo più smettere di allattare, ero felice di continuare avevamo trovato un equilibrio e ovviamente Emilie non era assolutamente pronta a smettere così di botto. È stato sia un periodo difficile per tutti e oltre allo stare lontana dalla mia famiglia per un mese, in ospedale, quindi comunque preoccupata, anche il fatto di dover smettere di allattare è stato triste. Quando sono tornata a casa, dovevo comunque continuare a prendere l’antibiotico per una settimana mi sembra e quindi in quella settimana non ho potuto allattare e quando poi ho potuto di nuovo allattare non mi è sembrato corretto nei confronti di Emily riprendere, perché a quel punto aveva già fatto la fatica di smettere e io sentivo che se avessimo riniziato avrebbe dovuto vivere la fatica una seconda volta e quindi a quel punto ho messo da parte il mio desiderio e E ho continuato sulla via del the the e qui puoi toccarla ma non ho più menzionato l’allattamento.ci sono stati dei momenti in cui me l’ha chiesto però ho preferito essere coerente e costante e gli ho spiegato che non lo facevamo più.ho cercato sempre di non mentirle e quindi di non dirle che non era più possibile quando invece era possibile o che non avevo più latte quando invece ce l’avevo ancora, perché io scelgo di non mentire ai miei figli, e e le ho parlato proprio come avrei parlato a me stessa: le dicevo emily sostato triste che abbiamo dovuto smettere, a me piaceva molto darti titti, ma ora che ci siamo abituate così, credo che sia meglio continuare così.

Il fatto che lei oggi sia ancora così attaccata a Titti sicuramente viene anche da questo trauma che ha vissuto e però non ne abbiamo mai fatto un problema, soprattutto perché lei è molto rispettosa del mio corpo e mi chiede sempre il mio consenso prima di toccare Titti e per me questo è importantissimo, ma appunto non mi da fastidio che tocchi Titti e quindi continueremo finché lei avrà questo desiderio.

A volte credo che noi genitori ci preoccupiamo per nulla o per situazioni che non ha per cui non ha senso preoccuparsi e io credo che questa sia una di quelle nel momento in cui Emily ancora oggi a quattro anni mi chiede di toccare Titti io non penso “ecco questo è un problema, adesso chissà quando smetterà, non è sano”, no io penso invece è del tutto normale e naturale, ha vissuto un trauma e questo è il suo modo di vivere la conseguenza del trauma. E visto che a me non dà fastidio questa situazione e non mi crea un disagio permetterle di toccare tutti, perché lei rispetta se le dico che non mi va, ho deciso che la accolgo e lo accetto. Deciderà di smettere di toccare titti con i suoi tempi e quando si sentirà pronta.

E con questo credo di avervi raccontato un po’ tutta quella che è la mia esperienza con l’allattamento e la mia visione dell’allattamento oggi. Spero che vi sia piaciuto, mi piacerebbe veramente tanto che mi lasciaste i vostri commenti a questo episodio, vi ricordo che potete farlo sulla pagina dell’episodio sul mio sito e non mi rimane che ricordarvi anche che mi trovate su Facebook e Instagram come la tela di Carlotta blog. È questa settimana nelle storie vi svelerò l’ospite di venerdì prossimo perché non sarò sola e questo ospite l’ho aspettato a lungo e credo che sia venuto un episodio veramente molto bello.

Buona giornata, buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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