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Episodio 41 ·

Sostenibilità: accettiamo i nostri limiti personali / con Camilla Mendini (Carotilla)

In questo episodio di Educare con Calma parliamo di un argomento che mi sta molto a cuore: la sostenibilità. E questa volta ci concentriamo soprattutto sulla moda sostenibile con l'aiuto della mia ospite Camilla Mendini, conosciuta anche come Carotilla. Ho adorato chiacchierare con lei e spero che l'episodio piaccia anche a voi.

🌸 I canali di Camilla:

Youtube

Instagram

Blog

🌸 Le domande che ho fatto a Camilla (gliene avrei fatte altre centinaia):

1:26 Qual è stata la tua scintilla che ti ha fatto iniziare il tuo percorso nella sostenibilità?

5:32 Quali sono tre cambiamenti che ogni famiglia può attuare per rendere il proprio stile di vita un po’ più sostenibile?

11:13 Hai detto “reciclare bene”, che cosa significa?

13:19 Oltre alla moda sostenibile, quali sono altri cambiamenti che hai applicato nella tua vita con i tuoi figli?

17:40 Come si fa ad avere un armadio sostenibile?

24:31 Come scegli i prodotti? Qual è la tua ricerca prima di comprare?

29:38 Quali sono i tessuti più sostenibili?

33:50 Che cosa ne pensi di Amazon?

37:40 Ci racconti del tuo brand di moda sostenibile Amorilla e della tua linea di prodotti beauty zero waste?

🌸 Nell’episodio menzioniamo alcune cose interessanti:

Camilla consiglia il documentario: The True Cost

Carlotta consiglia il sito The Story of Stuff Project e il loro documentario The Story of Stuff 

App per classifica di marchi sostenibili: goodonyou

La borsa per mantenere le microplastiche di cui parla Camilla è la GuppyFriend.

Due video interessanti per chi vuole approfondire sul canale di Camilla (ma ce ne sono molti altri):

Brand sostenibili: come capire se lo sono veramente

Domande e risposte sulla moda sostenibile

Carlotta: [00:00:00] 
Benvenuti e benvenute a un altro episodio di Educare con calma. Oggi parliamo di sostenibilità, che ormai sapete che è un argomento che mi sta molto a cuore perché negli ultimi tre anni ho iniziato il mio personale viaggio verso uno stile di vita sostenibile, o comunque più sostenibile, il più sostenibile possibile. Io l'ho iniziato tardi il mio viaggio, ma proprio per questo mi piace parlarne, perché credo che ogni famiglia possa avviare dei piccolissimi cambiamenti in casa per rendere il proprio stile di vita più sostenibile. 
Ma oggi non ve ne parlo da sola perché ho con me in videochiamata Camilla Mendini, che probabilmente tanti di voi conoscono come Carotilla, ma se non la conoscete, lei è una designer che dal 2015 si occupa proprio di moda sostenibile su Instagram e YouTube e nel 2018 ha anche creato il suo marchio sostenibile che si chiama Amorilla. 
Io la seguo da tantissimo tempo, e devo dire che ho imparato molto da lei, anche perché lei è una delle voci italiane secondo me più preparate sulla sostenibilità non solo della moda, ma in generale. 
Quindi non mi rimane che dare il benvenuto a Camilla. Sono felicissima di averla finalmente qui con me oggi! 
Ciao Camilla, grazie per aver accettato il mio invito.

Camilla: [00:01:14] 
Ciao Carlotta. Ciao a tutti, grazie mille a te per l'invito e per la bellissima introduzione.

Carlotta: [00:01:20] 
Te la meriti tutta perché veramente fai un lavoro eccezionale e credo che il modo che tu hai di spiegare concetti complicati in maniera semplice sia veramente molto importante. Ma senti, proprio per iniziare a rompere il ghiaccio, per chi non ti conosce hai voglia di raccontarci brevemente come hai iniziato il tuo percorso nella sostenibilità? Perché, per esempio, il mio è partito con una scintilla che è stato un invito a pulire una spiaggia e da lì non ho mai smesso né di pulire spiagge, parchi, eccetera eccetera. Una volta che che sai cos'è e l'importanza che ha non puoi cancellarlo dalla tua mente. 
Invece qual è stata la tua scintilla?

Camilla: [00:02:05] 
Concordo innanzitutto, una volta che si inizia un percorso di coscienza e di che effetto hanno le nostre azioni, che impatto hanno, negative o positive rispetto all'ambiente e le altre persone, poi è difficile tornare indietro e quindi concordo molto su questo punto. Io sono una italiana, appunto, e mi sono trasferita negli Stati Uniti sei anni fa e diciamo che al mio arrivo ho iniziato ad appassionarmi al tema della moda sostenibile. All'inizio, tramite proprio un documentario, the true cost, che consiglio a tutti di vedere, sebbene adesso l'abbiano tolto da Netflix, quindi prima era molto più facilmente accessibile e visibile, però adesso basta andare sulla piattaforma thetruecost.com che è a pagamento e si può vedere. E questo documentario potremmo dire che ha trovato terreno fertile in me, nel senso che spiega che cosa c'è dietro la fast fashion, quindi al basso costo dei vestiti, fast fashion, c'è un alto prezzo per le persone che li producono. Spiega molto bene appunto questa dualità del mondo occidentale, dove appunto c'è la corsa al comprare a minor costo possibile rispetto al mondo orientale, dove molto spesso vengono appunto fatte le produzioni fast fashion. E questo, come ti dicevo, ha trovato un po' un terreno fertile in me perché sono una designer, il mio lavoro è sempre stato quello creativo, potremmo dire, e sono sempre stata appassionata di tessuti, di stoffe. 
Mia mamma mi ha sempre insegnato a controllare gli orli dei vestiti, proprio una cosa banalissima. Io ho l'età in cui ho visto il passaggio tra quello che c'era prima e l'arrivo delle fast fashion in Italia. Quindi ho visto i primi negozi delle multinazionali, ci andavo con mia mamma e lei mi faceva vedere, ma vedi come sono questi orli, li hanno tagliati a vivo e vedi come è la qualità e il tessuto?, non è buono!, ed io, mamma chi se ne importa costano poco, prendiamoli. 
Ed effettivamente capisco adesso mia mamma perché me lo diceva e la ringrazio tantissimo perché ha messo dentro la mia testa quel semino che poi, appunto, ha iniziato a crescere nel 2015 cioè quando ho iniziato a parlarne sui social media e quando, appunto, in Italia ancora nessuno ne parlava. Quindi potremmo dire sono stata un po' la pecora nera...

Carlotta: [00:04:35] 
Verde!

Camilla: [00:04:35] 
Si, verde, molto meglio... La pecora verde di YouTube, dove ho iniziato a parlarne e poi da lì non ho più abbandonato l'argomento, anzi l'ho sempre più ampliato.

Carlotta: [00:04:42] 
Che bella questa prospettiva della tua mamma! Effettivamente io non capendoci proprio niente di cucito, io non ci avevo mai pensato a questa parte della sostenibilità, proprio di andare in un negozio e vedere l'orlo...Pensa a quanto meno ci si metta, tra virgolette, a fare questo lavoro, piuttosto che il lavoro che in realtà deve essere fatto. E questa è veramente una prospettiva molto bella secondo me anche da considerare, tra l'altro anche per me un documentario in particolare fu un po' una scintilla. Ed è The story of stuff, mi sembra che abbiano fatto due documentari, uno è questo e l'altro, Story of Plastic. E il primo parla proprio di come vengono prodotte le cose che noi abbiamo, di come cresce in noi il desiderio delle cose che vediamo eccetera, eccetera, più sul consumismo forse, che sulla sostenibilità, però vanno a braccetto. 
E, invece, mi piace sempre fare una domanda quando parlo di sostenibilità con gente che è davvero sostenibile e che ha uno stile sostenibile e che ci è riuscita, la domanda è: quali sono, secondo te, tra i cambiamenti i più facili e magari non i più facili, ma i più importanti che una famiglia singola può attuare per riuscire a trasformare un pochino il proprio stile di vita e renderlo leggermente più sostenibile.

Camilla: [00:06:11] 
Allora io mi sono resa conto in questi anni di confronto e di dialogo con le persone della community che alla fine si è costruita attorno a me, attorno all'argomento che ho trattato, che è un discorso talmente personale e talmente legato alle possibilità economiche, innanzitutto, perché la sostenibilità molto spesso ha un costo più elevato di ciò che non è sostenibile e, quindi, tante persone si sono adeguate ai costi non sostenibili, cioè dei prodotti non sostenibili perché fanno fatica a comprare sostenibile allo stesso passo dei prodotti di prima. Quindi c'è una questione economica in cui non si può mettere ovviamente becco e poi è una questione di facilità, magari, proprio per la sensibilità personale verso alcuni argomenti, ad esempio io ho iniziato con la moda sostenibile che per tantissimi può essere qualcosa di molto futile, ma non è certo quello il problema della sostenibilità e invece magari ne avremo possibilità di parlarne più avanti, è correlatissimo a problemi di schiavitù etica, di ambiente, di clima, quindi è veramente un'industria che ha un enorme impatto da questo punto di vista, però ad esempio mi sto approcciando solo adesso a un cambio di alimentazione più sostenibile, che, ad esempio, per altri potrebbe essere più facile. 
Quindi quello che piace, il concetto che piace passare a me, è che per essere efficaci e quindi pensare di percorrere questo percorso e portarlo avanti si debba essere sinceri con se stessi. Quindi che cosa si riesce a fare senza creare frustrazione? Un errore che ho fatto io all'inizio, ad esempio è stato ok, magari mi butto a comprare tutto ciò che è sostenibile per eliminare quello che ho già in casa che non lo è. Sbagliatissimo, cioè la scelta meno sostenibile che si può fare. 
Quindi se devo dare effettivamente tre consigli che però vanno presi un po' con le pinze, che forse possono essere quelli più semplici da seguire per una famiglia, innanzitutto puntare sui bambini. 
I bambini hanno una sensibilità bellissima da cui c'è veramente tantissimo da imparare verso la natura, quindi il consiglio potrà essere banale, ma se avete la possibilità, state fuori, all'aria aperta, scoprite la natura, esploratela, portatela anche in casa, magari portate un piccolo terrario, una piantina e fate amare i bambini alla natura per quello che è. È solo facendogliela amare e capire, quando saranno grandi si spera si ricorderanno questo rispetto. E quindi questo può essere veramente a costo zero, un gesto molto semplice, forse scontato, e alcuni pensano non serva abbastanza, ma io vedo che sui miei figli, invece, funziona bene.

Carlotta: [00:09:04]
Assolutamente!, su questo io sono d'accordissimo. Vedo ad esempio quanto per eliminare la plastica nella nostra vita, io conti sul sensibilizzare i miei figli; adesso che i miei figli sanno che la plastica fa male al pianeta sono loro ad aiutarmi, cioè, loro non fanno fatica a rinunciare ai palloncini alla festa di compleanno, a lasciare il gioco di plastica sulla mensola e magari semplicemente capire che non abbiamo bisogno di un ulteriore gioco. E quindi quello che hai detto per me è bellissimo, non me l'aspettavo tra l'altro, ed è veramente un consiglio molto, molto bello, credo che un po' per tutto quello che vogliamo migliorare del nostro futuro dovremmo puntare sui bambini.

Camilla: [00:09:43] 
Vero, verissimo, hanno davvero una verità in tasca che per noi è stata dimenticata, probabilmente crescendo. E altre cose che possono essere più semplici, come dici tu, potrebbe essere il percorso che avete fatto anche voi sulla plastica. Anche qui, ci sono tantissimi step che si possono fare e applicare, non comprare più le bottiglie di plastica, ad esempio, per l'acqua, e mettere un filtro al rubinetto di casa o al frigo di casa, ci sono tantissimi dispositivi, o usare una caraffa filtrante, e già questo eliminerebbe tantissima plastica. Ma anche imparare a riciclare bene. Cioè sono veramente semplici gesti che possono essere il primo passo che crea la soddisfazione e la voglia di continuare, perché tutti vogliamo diventare probabilmente perfetti in poco tempo, ma secondo me è la cosa più sbagliata da fare in questo campo, proprio perché ci sono così tante cose che si possono e che poi si vogliono fare quando si inizia. E un altro percorso che si può fare magari è scoprire l'usato, il second hand, cercare di allungare al massimo la vita dei capi, ma anche dei giochi e riscoprire la cultura del riparare, della riparazione, che è qualcosa che in Italia c'era fino a poco tempo fa e che probabilmente è forse legata allo stigma della povertà, quando adesso si butta perché è rotto, ma te ne posso comprare un altro, e invece perché non riparare qualcosa?, o comunque regalarlo a qualcun altro? Fare degli scambi, quindi approcciare in maniera diversa con una visione diversa sia i vestiti che i giochi, ecc.

Carlotta: [00:11:21] 
E senti, quando hai detto riciclare bene, effettivamente è difficile. Se adesso è una domanda troppo lunga la lasciamo, per questa volta, perché riciclare bene è difficilissimo. Cioè io a volte mi rendo conto che per quanto io comunque cerchi di informarmi, a parte che noi viaggiamo spesso quindi ogni Paese ha regole diverse, e io lo trovo veramente complicato, come si fa a riciclare bene?

Camilla: [00:11:45] 
Guarda secondo me il problema del riciclo, va anche al di là della singola persona, a parte che, come dici tu, proprio a livello geografico, pensiamo all'Italia, immagino che le persone che ci ascoltino sono principalmente in Italia, ogni Regione, ogni Comune, ha delle regole a sé.

Carlotta: [00:12:01] 
Addirittura.

Camilla: [00:12:02] 
Sì, il problema qual è? È che magari non ci sono neanche le attrezzature, ad esempio, sentivo pochi giorni fa della bio-plastica, uno può pensare la bio-plastica fantastica!, si può effettivamente ridurre, è compostabile, potremmo dire, però è compostabile solamente quando viene portata all'interno di un'atmosfera a una certa temperatura per un certo periodo di tempo, eccetera. E in Italia non sono ancora attrezzati per trasformare la bio-plastica, quindi è in vendita, magari uno la ricicla in maniera corretta, che in realtà in Italia ancora è nell'indifferenziata e poi, però, non finisce il suo ciclo di vita come dovrebbe come viene venduta, quindi, sì, possiamo fare del nostro meglio, ma la cosa forse che dobbiamo fare a priori è cercare di abbassare il livello di rifiuti il più possibile, quindi non prendere le sportine, le buste di plastica, cercare di comprare alimenti non confezionati insomma, appunto, eliminare la plastica delle bottiglie, tante piccole azioni che sommandosi possono arrivare ad avere meno rifiuti possibile.

Carlotta: [00:13:15] 
Quindi andare all'origine del problema, ovvero il comprare, piuttosto che il, che faccio di questi prodotti che ho comprato? 
E invece, come dicevamo prima, dopo i primi passi nella sostenibilità alla fine a me sembra quasi che a volte diventi anche un po' una sfida personale, il dire, ok adesso faccio queste piccole azioni, però se ho fatto questo magari riesco a fare anche questo, questo e questo, perché non ci provo? Senza entrare negli estremi, perché poi anche tu dicevi prima benissimo, e io mi ritrovo, che a volte uno dice vabbè lo faccio tutto insieme, poi alla fine è veramente molto più difficile e uno si spaventa, tra virgolette, e dice, questo stile di vita non è fatto per me, ma io non so se questa cosa è capitata anche a te, cioè quella del cercare, una volta che hai aperto il vaso di Pandora, una volta che l'hai visto, non si può più non vedere. 
E quindi quali sono stati, poi, alcuni cambiamenti che hai deciso di applicare nella tua vita con i tuoi figli, nel tuo stile di vita? Perché adesso hai detto che da poco ti sei anche avvicinata all'alimentazione? Ci sono altri piccoli cambiamenti, o anche solo dell'alimentazione? Che cosa hai fatto?

Camilla: [00:14:41] 
Mi viene da sorridere, in realtà, perché adesso ho difficoltà a guardare nuovi documentari, perché ogni volta che guardo un documentario o leggo un libro, poi so già che è il nuovo capitolo della questione. 
Ok, quindi sono partita dalla moda, poi nei vari video dopo che ho fatto quello della moda, a grande richiesta delle persone che mi seguivano, perché su YouTube parlavo sia di modo sostenibile, ma anche di New York che è la città in cui ho vissuto per cinque anni, mi chiedevano di vedere la spesa di un'italiana in America, a New York. Allora io ho fatto vedere una spesa normale e i commenti arrivati erano, ma quanta plastica, hai comprato solo plastica, tutta plastica, plastica, plastica? Che è una cosa che io avevo notato ovviamente da italiana arrivata negli Stati Uniti, in quanto là confezionano qualsiasi cosa e soprattutto fanno queste mini porzioni singole perché la gente lavora, eccetera. Addirittura le mele, ma immagino anche in Nuova Zelanda, ormai anche in Italia, siccome le mele sono già tagliate erano nelle buste di plastica, cose senza senso quando ero arrivata negli Stati Uniti sei anni fa, era stato uno choc culturale a cui però mi ero abbastanza adeguata perché appunto non ero ancora così sensibile all'argomento. E quindi dalla moda, il secondo step è stato la plastica e le alternativa alla plastica. Qual è il problema della plastica, delle microplastiche negli oceani, ecc?., il riciclo!, e quindi questo è stato il mio secondo step, che poi sono step giganteschi e sono veramente delle tematiche enormi in cui si cerca di navigare e trovare delle soluzioni. 
Ma ci sono poi centinaia e migliaia di strade che si possono prendere all'interno di questi macro argomenti. E poi, appunto, adesso l'alimentazione, quest'anno ho provato a fare per la mia prima volta il vegano, a gennaio che è il mese che si dedica anche al voler iniziare a diventare vegani. L'ho un po' dovuto riadattare a me e alle esigenze della famiglia, visto che sono anche stata l'unica un pochino a mangiare vegano, anche se i bambini hanno apprezzato tantissimo e anche mio marito, che è il più difficile a cambiare le abitudini alimentari. Ecco perché dico che bisogna fare i conti, se sei in famiglia con le altre persone che magari non in tutti gli aspetti la pensano come te e poi anche quello che c'è attorno. Insomma sto esplorando un po' la dieta vegana a cui ero già sensibile dal punto di vista della moda, ad esempio la moda vegana, perché ci sono tante ramificazioni che si intersezionano e si ritrovano un pochino nei concetti anche in questi macro argomenti. 
Chissà cosa sarà il prossimo, ho quasi paura di scoprirlo.

Carlotta: [00:17:29] 
Quale documentario hai in lista? ahahaha. 

Camilla: [00:17:35] 
Nessuno, nessuno…

Carlotta: [00:17:36] 
Effettivamente credo anch'io siano dei passi veramente giganti. Che sia quasi difficile a volte metterli in step in sequenza. Io ad esempio vedo che il mio passo di adesso, dell'ultima conquista sarebbe il second hand, quindi comprare più di seconda mano. Ma mi sto rendendo conto che quello è veramente il mio tallone d'Achille, cioè io vorrei proprio riuscirci, ci ho provato, ti seguo e cerco di imparare i tuoi consigli, guardo i tuoi video, ma ogni volta che entro in un negozio di seconda mano, tra il fatto che a me non piace fare shopping e il fatto che vedo questi scaffali pieni zeppi di cose io mi sento sopraffatta, tra il fatto che sono molto alta e spesso mi sono ritrovata in Paesi in cui il second hand non esiste, non ci sono cose che vanno bene per la mia taglia, per la mia altezza. E quindi veramente lo trovo difficile e la mia soluzione, per ora, è stata quella di comprare appunto marchi sostenibili che spesso devo comprare online perché non si trovano, quindi insomma non è comunque ideale. Adesso il mio guardaroba per esempio, è fatto di Patagonia e a Untouched World che è una marca neozelandese che abbiamo scoperto qua. Ovviamente noi viaggiando a tempo pieno abbiamo veramente pochi capi d'abbigliamento quindi, questo, comunque è sostenibile anche a livello economico e poi appunto sto facendo dei piccoli miglioramenti anche se io sono una frana a cucire, però sto facendo dei piccoli miglioramenti per allungare la vita dei capi che abbiamo. Ma come si fa ad avere un armadio sostenibile se non si sa cucire bene e non si amano i negozi di seconda mano? Cioè come si fa? Camilla Aiutami.

Camilla: [00:19:31] 
Mi spiace perché non ho effettivamente un asso nella manica da darti, nel senso che le opzioni che tu hai già messo sul tavolo sono un po' quelle che ci sono. Cioè, o si compra effettivamente qualcosa di nuovo e si cerca di favorire i brand sostenibili che si impegnano eticamente, sostenibili per i materiali, ma anche dal punto di vista del Fairtrade ad esempio. Per me ad esempio seconda mano e vintage è una passione. Anche qui probabilmente sdoganatissima sin da quando ero piccola da mia mamma, sempre mia mamma, mmmm, vedi? È grazie alla mamma di Carotilla che sono così. Però ho questo ricordo che andavamo spesso in Puglia, al mare, in vacanza in estate e in Puglia, nei mercati rionali c'erano queste grandi bancarelle di usato non so di che provenienza, tra l'altro magari molto dubbia, non ho la più pallida idea, che costavano effettivamente pochissimo 1€, 2€ e si trovavano anche i marchi di alta moda e quindi mia mamma cercava e per me era un gioco, anch'io cercavo, e poi effettivamente mi costruivo un po' il mio guardaroba fin da piccolina con quei ritrovamenti, quindi è nato come un gioco per me, veramente un gioco e non ho mai visto il limite che so che tantissimi hanno verso l'usato. 
Adesso tu non l'hai nominato, non so se sia il tuo caso, però in tanti considerano l'usato solo per persone meno abbienti, o comunque è considerato sporco ecc. Mentre ormai l'usato è una risorsa, a parte dal punto di vista economico per chi appunto ha bisogno effettivamente di spendere poco, ma poi si trova veramente di tutto e soprattutto c'è una grande selezione, quindi non si trovano cose rovinate e gli indumenti non sono più sporchi rispetto a un capo nuovo, perché un'altra cosa che sorprende tanto le persone è pensare che il capo nuovo che comprano sia pulito. Ma nessuno lo lava, perché è stato probabilmente portato in giro nelle varie fabbriche in cui è stato costruito, e nessuno lo lava prima con il sapone e arriva lindo a casa propria come si immaginerebbe, quindi va sempre comunque lavato e probabilmente quelli di seconda mano invece vengono un po' trattati, a volte lavati, quindi sono quasi più puliti del nuovo. Effettivamente non è per tutti ed è proprio quello, forse, il discorso di cui ti dicevo prima, ognuno deve trovare un po' la sua strada e soprattutto senza sensi di colpa. Liberati da questa oppressione, oddio non ce la faccio, come dici tu, viaggiate, avete pochi capi e già questo può essere la vostra via sostenibile. Cerchi di allungare i capi, magari sei più portata per il tuo stile di vita, per le tue necessità, per la tua sensibilità ad altri, a essere molto più sostenibile di me, ad esempio in altri ambiti. E non c'è una classifica. Cioè quello a cui porta questa strada, purtroppo, è proprio l'ansia di non fare abbastanza, l'ansia di non riuscire, di avere lo scheletro nell'armadio perché questo non è ancora sostenibile, però bisogna secondo me invece viverla in maniera molto più positiva. Uno, perché deve essere secondo me una realtà che sempre più persone devono abbracciare e se tutti la viviamo con ansia e ansie da prestazione, appunto, e frustrazione, non riusciremo mai a coinvolgere più persone possibile ad abbracciare questo stile di vita. 
E poi perché non bisogna essere perfetti in tutto e va bene, va bene così non c'è la pagella alla fine e stiamo già facendo tantissimo anche solo a parlarne, a ragionare, a informare. Quindi lo so che crea sensi di colpa però appunto ci sono 1000 modi per avere meno impatto e magari quella dei vestiti potrebbe essere la strada più difficile per te. E ci può stare. Datti più tempo o comunque trova altri modi per compensare. Ma le opzioni che hai detto tu, sono un po' quelle, o compro usato, o compro il nuovo se si vuole fare sostenibilità, oppure si, anche imparare come lavare i vestiti per allungare la loro vita e quindi lavarli magari a temperature adatte. Quindi seguire le indicazioni sull'etichetta, non bollirli nell'acqua. Lo so che molti hanno la tentazione di lavare ad alte temperature, perché anche qui c'è un po' un retaggio culturale del devo uccidere chissà che cosa, ma con il sapone e 30/40 gradi si lavano già bene le cose.

Carlotta: [00:24:12] 
Devo dire che da tutto quello che stavi dicendo, mi sono venute in mente almeno 150.000 domande, quindi non te le farò tutte, ma magari se hai trattato questi argomenti appunto nei tuoi video di youtube vado a cercarli e li metterò nelle note dell'episodio. 
Ma una domanda più importante è, come scegli i prodotti? Parliamo di moda? Parliamo anche non di moda? Quando hai davanti un prodotto cosa guardi nell'etichetta, nella descrizione degli ingredienti? Come fai la tua ricerca personale. Ecco proprio in termini pratici perché io credo che questo potrebbe essere anche un aiuto, a volte, a scegliere marchi piuttosto che altri, e magari a lasciare sullo scaffale una cosa che invece non non ha proprio valore.

Camilla: [00:25:10] 
Ecco io direi che per ogni ambito si può pensare un pochino alla stessa maniera, solamente che in alcune industrie ci sono effettivamente più informazioni e c'è più trasparenza, ad esempio sugli alimenti l'etichetta ci parla molto di più del prodotto, sappiamo la provenienza, magari conosciamo anche meglio la stagionalità dei prodotti, riusciamo a capire quanto ci mette per scadere, quindi la durata, gli ingredienti, quindi le materie prime e abbiamo informazioni comprensibili. Perché, se dobbiamo leggere per farci un'idea dobbiamo comprendere, anche questo significa informarsi e quindi capire le informazioni che ci stanno dicendo con l'etichetta, solo così possiamo comprare in maniera consapevole. All'opposto, invece, nella moda, di queste informazioni non abbiamo quasi nulla a meno che non ci siano certificazioni a livello di materiali e, come dicevamo prima, a livello di etica, quindi Fair trade, e anche su questo non apro il discorso certificazioni perché porterebbe un po' di  tristezza sapere che alcune certificazioni non sono neanche accessibili a tantissimi brand che potrebbero comunque averle, proprio per questioni di costi eccetera, quindi anche lì non è esattamente trasparente la questione. Però queste ci possono aiutare sicuramente, dall'altro canto sui vestiti l'unica etichetta che c'è riguarda il lavaggio, quindi ok, forse lì possiamo capire effettivamente qualcosina, il materiale e neanche tanto la provenienza perché il made in, made in Italia, made in Cina, made in India o Bangladesh, ci può far capire qualcosa, ma non tutto. 
Ti faccio un esempio quando si parla di made in, almeno in Italia, la regolamentazione è che un made in Italy può essere etichettato tale anche se solo l'ultima parte della catena produttiva avviene in Italia, che potrebbe voler dire compro la materia prima dalla Cina a basso costo e magari senza certificazioni, la faccio andare in India e la faccio lavorare lì, me la tagliano e mi faccio arrivare la merce in Italia e i bottoni da un'altra parte. Pensa a tutta la CO2 e all'impatto ambientale che ha questo giro. E in Italia cuciono, o magari mettono solo bottoni e l'etichetta made in Italy.

Carlotta: [00:27:38] 
Questo non lo sapevo, ad esempio.

Camilla: [00:27:39] 
Non c'è tracciabilità e anche questo made in Italy ci dice poco, perché all'opposto made in Cina, made in India, made in Bangladesh che di solito per alte percentuali vuol dire che probabilmente i lavoratori sono stati pagati il minimo, se non meno, e quindi ci sono problemi proprio di schiavitù, problemi di diritti di sicurezza sul  lavoro, eccetera, ma anche materie prime, magari, non certificate di bassa qualità, però d'altra parte ci sono anche dei posti proprio produttivi che riescono a produrre in maniera sostenibile e che pagano adeguatamente i loro lavoratori e che appunto possono considerarsi sostenibili. Quindi nella moda abbiamo pochissime informazioni, però ci dobbiamo fare le stesse domande, quindi cercare di capire da dove proviene, se ci sono certificazioni, con che materiali, mentre spesso nella moda quello che ci viene venduto e che alla fine è la culla del greenwashing, è un brand che fa una collezione in cotone biologico e diventa magicamente sostenibile, quando magari quella collezione è un dieci, ma neanche!, un 5% di tutta la produzione delle sue collezioni e poi magari fa uscire una collezione a settimana, come fa appunto la fast fashion che in un anno ne escono 52 di collezioni e magari appunto i lavoratori sono tutti sfruttati e noi consumatori ci troviamo con il compito di dover ricercare delle informazioni che nessuno ci vuole dare, perché non c'è trasparenza e perché possono non darcele. Quindi effettivamente ci sono degli ambiti più semplici e degli ambiti meno semplici. 
Ci sono, ad esempio, delle applicazioni, dei siti che ci possono aiutare un pochino perché fanno dei ranking, quindi fanno proprio delle classifiche di sostenibilità. Bisogna comunque prenderli un po' con le pinze perché non sempre le loro informazioni ci possono aiutare. Ad esempio Good on You è uno dei più famosi e ci può appunto aiutare se si cercano i vari brand che hanno una classifica di sostenibilità.

Carlotta: [00:29:46] 
Quali sono invece, ad esempio, i tessuti proprio più sostenibili? Quando tu guardi un capo perché io ad esempio guardo Patagonia, dico, plastica riciclata e questo lo prendo perché così stanno comunque utilizzando della plastica, però poi comunque c'è tutto un sistema di lavorazione dietro la plastica per riciclarla quindi anche quello va considerato. Quanto è sostenibile, quanto non è sostenibile? È un discorso troppo ampio o ci dici qualcosa?

Camilla: [00:30:16] 
Beh, vi dico, posso fare proprio due esempi pratici, il cotone e la plastica riciclata. Ci sono tre categorie, ad esempio, di tessuti naturali, e che quindi derivano da fibre vegetali o fibre animali. I tessuti sintetici che sono interamente creati in laboratorio. Oppure quelli artificiali che provengono da fonti animali vegetali, ma poi vengono trasformati chimicamente, quindi c'è un processo chimico dietro come quelli sintetici. Quindi gli artificiali sono un po', diciamo, la fusione del naturale e del sintetico. Uno può pensare, ad esempio, il tessuto naturale è naturale, quindi sarà sostenibile. Il cotone, non saprei dirti una percentuale, ma di sicuro l'80 per 100, ... più dell'80% dei vestiti che sono presenti sul mercato sono di cotone, ed è uno dei materiali meno sostenibili che ci sono in commercio, per il suo impatto ambientale, quindi per il consumo di acqua che richiede, la sua coltivazione, il suo processo proprio produttivo di raccolta eccetera, è uno dei peggiori, eppure è quello che è più venduto e quello che ci sembra anche migliore. Il cotone organico, invece, è più sostenibile perché effettivamente non ci sono pesticidi e anche il consumo di acqua è minore. Quindi c'è una differenza sostanziale tra cotone e cotone biologico organico, quindi biologico e organico sono la stessa cosa, ma in due lingue diverse, quindi quelli vanno bene. Ad esempio nel cotone c'è proprio questa differenza. 
Nella plastica riciclata che secondo me è ottima per alcuni prodotti, ad esempio prodotti beauty, vasetti, cosmetica ecc. Perché la plastica effettivamente è un materiale fantastico dal punto di vista tecnico, perché dura per sempre, infatti è impossibile da smaltire e quindi per alcune cose effettivamente utile, nel senso che la crema magari vogliamo che rimanga protetta e quindi il fatto che sia in plastica riciclata potrebbe essere meglio della bio-plastica, come abbiamo detto prima. Però ad esempio nei tessuti diventa un problema nel lavaggio perché le fibre di plastica riciclata e non e poliestere rilasciano micro-plastiche e quindi noi potremmo essere un potenziale attore di inquinamento dei mari, proprio perché appunto nel lavaggio potrebbero lasciare queste micro-fibre e micro-plastiche. Detto questo, comunque la plastica riciclata è già un'opzione più sostenibile, ovviamente della plastica.
E anche qui, voglio dare le informazioni, ma non giudicare e non far sentire in colpa o dire oddio, adesso devo ricominciare da capo. No, non è quello il punto. Ci sono dei miti da sfatare.

Carlotta: [00:33:18] 
E tra l'altro questo, proprio nel comprare vestiti di plastica riciclata è stato una di quelle cose che abbiamo detto, allora abbiamo bisogno di una borsa per quando facciamo i lavaggi di questi vestiti e li mettiamo in una borsa che teoricamente dovrebbe essere fatta apposta per mantenere dentro le micro-plastiche. Tu dici che questa è un'opzione valida?

Camilla: [00:33:43] 
È un'opzione validissima. La Guppyfriend washing bag penso sia il primo marchio e non so se sia l'unico, effettivamente, è venduta tramite il sito di Patagonia perché io l'avevo comprata lì, e quella trattiene le micro-plastiche.

Carlotta: [00:33:59] 
Potrebbe essere magari una soluzione. 
Ti faccio proprio solo un'ultima domanda con una piccolissima premessa, da un annetto e mezzo a questa parte io ho deciso di smettere di utilizzare Amazon. Una delle cose che mi sento dire di più da chi non condivide la mia scelta, o non la capisce, è che Amazon ha offerto anche un modo di vendere con facilità a tante piccole realtà. Mi piacerebbe proprio, senza giudizi, proprio un pour parler, mi piacerebbe sapere la tua opinione su Amazon.

Camilla: [00:34:44] 
Io penso di essere stata una delle prime clienti Amazon Italia, forse, cioè quando non avevo idea di cosa fosse perché vendeva libri. E io come designer cercavo sempre questi libri di grafica che in Italia non c'erano nemmeno nelle librerie italiane. Facevo fatica a trovarli, a Milano un po' di più, però, a Verona, da dove vengo, un po' meno. Quindi Amazon era il bengodi, era il paradiso. Trovavo tantissime cose, e il mio primo acquisto su Amazon è stato appunto un libro di design, e per sbaglio, perché tra le varie opzioni, non so neanche quanti anni avevo, quindi l'ho preso in tedesco, quindi mi è arrivato questo libro. Non ho capito niente, vabbè, la prima prova è andata un po' male, all'epoca non c'era ancora la restituzione, quindi me lo sono tenuto. Ce l'ho ancora nella mia libreria. Comunque se una persona non vive negli Stati Uniti non ha idea di cosa voglia dire veramente Amazon.

Carlotta: [00:35:51] 
Guarda, se vivi a casa mia, ce l'hai perché mio marito comprava su Amazon tutto, cioè proprio standard da americani a casa nostra.

Camilla: [00:36:01] 
E io vivevo in un palazzo in cui c'era la portineria centrale dove arrivavano tutti i pacchi e dietro di loro c'era una montagna ogni giorno di pacchi Amazon. Non ti dico!, durante il Black Friday non ci stavano dietro, dicevano dovete venire a prendere il pacco 1 ora dopo che ve lo diciamo, sennò è irrecuperabile. Non avevano spazio per tenerlo, quindi ho capito effettivamente che impatto può avere. 
È molto comodo, io l'ho usato, ci sono anche dei video su youtube in cui faccio vedere che lo uso perché è comodo. 
Si trovano effettivamente dei prodotti, soprattutto sostenibili, che è assurdo pensare questo, che magari non sai dove comprare altrimenti, quindi io capisco che è un vero problema Amazon però a questo punto se devo dare un giudizio, preferisco magari pensare che sto comprando su Amazon qualcosa di sostenibile, piuttosto che sotto casa qualcosa di meno sostenibile. Capisco che è un giudizio molto controverso, penso che sia molto personale, dal punto di vista mio cerco di comprare meno possibile su Amazon, ma ce l'ho ancora Amazon. Ho anche un Kindle, quindi non sono una persona, no Amazon assolutamente. So che ci sono tanti prodotti che posso comprare da altre parti, allora cerco di comprarli fisicamente, localmente, non dalle grandi catene, e appunto, andare più sul locale.

Carlotta: [00:37:24] 
Sì, certo, probabilmente anche per me è stata proprio quella la decisione di ridurre, ecco iniziare con il ridurre, perché poi anch'io ho un Kindle. Se io volessi fare un, no Amazon, allora a questo punto dovrei veramente cancellare il mio account, cosa che sono ancora anni luce lontana. 
Bisogna anche capire i propri limiti personali, un po' come in tutto, come nella genitorialità, anche nella sostenibilità. Ultima domanda, che non è una domanda, per chi non ti conosce così bene vorrei ci raccontassi un paio di cose del tuo brand, del tuo fashion brand Amorilla e mi sembra anche dei tuoi prodotti Beauty 0 Waist. Ci racconti?

Camilla: [00:38:14] 
Sì, volentieri. Grazie della domanda. Allora Amorilla è nato nel 2018 proprio per coniugare un po' il mio percorso da consumatrice consapevole alla mia professione di designer. Quindi era in un periodo in cui eravamo arrivati da qualche anno negli Stati Uniti e c'era un cambio dal punto di vista di Paese e di lavoro. Avevo i bambini, ero a casa e mi sono detta, perché non cogliere questo momento per reinventarmi, per creare qualcosa, sempre di creativo, che faccia parte del design, quindi del mio storico professionale, ma che sia riversato nel nuovo ambito di cui mi sto interessando, quindi creare un brand effettivamente sostenibile ed etico? Conta che il 2018 è pochi anni fa, parliamo veramente solo di tre anni fa, però tantissimi brand sostenibili sono proprio nati da poco tempo, quindi ce n'erano parecchi, ma non così tanti come adesso. Quindi mi era sembrata un'idea bellissima quella di creare un mio brand che si basa su tradizioni artigianali in giro per il mondo, cioè una collezione che è nata in India, una collezione che è nata in Italia e il concetto che c'è dietro è proprio un concetto di slow fashion totalmente scollegato dalla fast fashion, ma anche dalla moda, dalla stagione primavera estate e autunno inverno. Nel senso che sì, si segue una stagionalità, ovviamente dei vestiti, però non c'è l'urgenza di far uscire delle collezioni minimo due volte all'anno. Quando trovo una tradizione tessile che mi piace, che so che effettivamente si può creare dall'inizio alla fine, in maniera sostenibile, artigianale, etica, in un determinato posto nel mondo, la creo, altrimenti se una di queste variabili non mi soddisfa, non devo farlo uscire per forza. Ecco, quindi questo è un po' un progetto che adesso ad esempio è fermo per la pandemia, perché non mi è possibile portarlo avanti nel modo in cui vorrei, quindi è lì tranquillo, fermo e so che potrò sempre riprenderlo in mano quando troverò una nuova storia d'amore, quindi sono "love story" al posto delle collezioni. 
Dall'altra parte poi, io ho fatto un percorso inverso e quindi sono partita da YouTube, mi sono poi specializzata più su Instagram e solo alla fine ho aperto un blog. Al contrario di tutti, probabilmente, arrivo con la rincorsa e quindi su questo blog che è Carotilla in cui raccolgo un pochino tutti i contenuti che ho creato in questi anni, o anche voluto inserire dei prodotti che fossero anche qui artigianali però in collaborazione e in esclusiva per me, ma appunto creati in collaborazioni con artigiane donne italiane. E anche prodotti Beauty 0 Waist perché sempre nel cammino di voler limitare il più possibile la plastica, ma anche i rifiuti, ho pensato che effettivamente il beauty è uno dei campi in cui si creano tanti rifiuti, ci sono tanti pack, magari c'è il tubetto in plastica, nel cartone, che arriva nel sacchetto, e così via, quindi cerco di tornare alla base, all'essenziale e togliere l'involucro attorno.

Carlotta: [00:41:30] 
Bellissimo progetto, ci dici dove ti troviamo su Instagram e come si chiama il blog?

Camilla: [00:41:35] 
Allora @carotilla su Instagram, mentre il mio blog è www.carotilla.com il mio blog.

Carlotta: [00:41:41] 
Perfetto! Camilla sei stata veramente preziosa! Grazie mille per esserti unita in questa conversazione che, lo so, è andata molto più lunga, ma se fosse stato per me sarebbe andata ancora molto avanti, perché veramente ti avrei fatto domanda dopo domanda.

Camilla: [00:42:02] 
Grazie mille a te e se vuoi ci prenotiamo per una seconda puntata con il resto delle domande.

Carlotta: [00:42:08] 
Con tutte le altre domande volentieri, assolutamente. Adesso mi riascolto l'episodio e le scrivo tutte, poi te le mando e tu ti pentirai di questa cosa che hai appena detto. No, scherzo. Grazie Camilla. Allora alla prossima!

Camilla: [00:42:25] 
Grazie mille a te, a tutti. Ciao.

Carlotta: [00:42:28] 
Grazie per averci ascoltate fino qui. Io ho adorato parlare con Camilla di questo argomento che mi sta tantissimo a cuore. Spero che sia piaciuta anche a voi la nostra chiacchierata, magari ce ne saranno altre, ma nel frattempo vi do appuntamento alla prossima settimana e vi ricordo che mi trovate anche sul mio blog www.latela.com e anche su Instagram e Facebook come @lateladicarlottablog. 
Buona giornata, buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.

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