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Episodio 44 ·

Montessori in 5': Aspetta le sue risposte!

In questo episodio di Montessori in 5 (ehm 7) minuti, vi propongo una scena tipica tra fratelli: uno si fa male e cerca consolazione nelle braccia del genitore e questo inizia a fare domande per capire che cos'è successo e trovare la soluzione. Vi spiego come, secondo me, si possa essere mediatore e non giudice nella risoluzione di questo conflitto o anche solo dell'emozione.

Nell'episodio menziono: 

L'episodio 21: conflitti tra fratelli  

Un mio post recente su Instagram sulla responsabilità del genitore 

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Benvenuti e benvenute a un altro episodio di Montessori in 5 minuti, sapete che ogni volta in questa rubrica vi invito ad apportare un piccolo cambiamento, perché credo che spesso possiamo davvero cambiare gesti e parole minuscole per fare una differenza incredible. 

Oggi parliamo di una scena molto comune nelle case di chi ha due o più figli, ma che potete notare anche in equilibri tra amici e amiche. Un giorno ho assistito a questa scena e mi sono fatta un appunto per raccontarvela: 
Un bimbo arriva dalla mamma piangendo: 
La mamma dice: Che cos’è successo? Perché piangi? È stata tua sorella? Ti ha dato una sberla? 
Il bimbo fa sì con la testa e si chiude nell’abbraccio della mamma che lo consola. 
Poi arriva la sorella e la mamma dice:
“Prima hai fatto male a tuo fratello?”
La bimba, più grande, dice di no e spiega alla mamma che cos’è successo. La mamma la interrompe più volte provando a farsi dire che in realtà ha dato una sberla al fratello, ma la bimba spiega che lei voleva andare via, il fratello le stava tenendo la maglia e allora lei ha tirato la maglia per andarsene e il fratello è (forse) caduto indietro. (Qui non era chiaro)

Ora, analizziamo questa scena. 
  1. 1. La mamma chiede che cos’è successo al bimbo, ma non gli lascia nemmeno il tempo di rispondere. Invece gli imbocca le parole e gli mette in testa un qualcosa che non era successo.   
  2. 2. Il bimbo aveva 4 anni quindi perfettamente in grado di spiegare, ma nel momento in cui la mamma gli ha imboccato uno scenario che “gli faceva comodo” e lo rendeva la vittima e dava la colpa alla sorella con la quale in quel momento lui era probabilmente arrabbiato, ha preso la palla al balzo.
  3. 3. La sorella, che ha 6 sei anni, ha saputo spiegare bene che cos’era successo davvero e a me personalmente è piaciuto che la mamma in questo caso non abbia subito attaccato e sgridato, ma abbia dato il beneficio del dubbio, ha chiesto: “hai fatto male a tuo fratello?”
  4. 4. Quello che mi è piaciuto meno è che poi la mamma ha fatto varie domande per comprovare la sua teoria della sberla (teoria della mamma, perché non era uscito dalla bocca del fratello). In quel momento, se il bambino non fosse già stato forte abbastanza a livello verbale, probabilmente si sarebbe o frustrato o magari avrebbe ammesso di aver fatto qualcosa che non ha fatto.

Questa è un situazione tipica tra fratelli e credo che il principio che il genitore dovrebbe adottare sia sempre lo stesso di cui parlavo anche nell’episodio “Conflitti tra fratelli” che è tra l’altro uno dei più ascoltati: il principio è essere mediatore e non giudice. 

Il mediatore fa domande, il giudice decide chi ha ragione o torto. Il mediatore è interessato nel processo, il giudice vuole arrivare subito al risultato. Non è nostro compito di genitori decidere chi ha torto o ragione in un conflitto tra fratelli o amici, è nostro compito di genitori fare domande senza pregiudizi, senza pretendere di sapere che cos’è successo e senza assumere. E non è solo perché siamo genitori, è perché il rispetto e il beneficio del dubbio dovrebbero essere alla base di qualsiasi relazione tra individui. Da poco ho pubblicato un post su instagram in cui dicevo proprio che non è nostra responsabilità crescere ed educare in nostri figli, ma è nostra responsabilità crescere ed educare noi stessi come individui. Anzi, vi lascio il post nelle note dell’episodio così lo lèggete se non l’avete ancora fatto.   

Ecco riesco a divagare anche in 5 minuti, ma torno al tema del giorno: se quando chiediamo a un bambino che cos’è successo poi non abbiamo la pazienza di aspettare la risposta, allora non ha nemmeno senso che glielo chiediamo. 

Inoltre, quando un bambino o una bambina viene da noi piangendo, prima di tutto il suo cervello in quel momento non è calmo e quindi non è in grado di comunicare efficacemente, è meglio aspettare che si calmi per parlarne; poi non c’è subito bisogno di sapere che cosa sia successo, abbiamo questa tendenza a voler risolvere subito alla meta, ma il viaggio è importantissimo. Secondo me la cosa migliore è offrire la nostra presenza, dire “sono qui con te” e abbracciarlo o abbracciarla. In questo modo aiutiamo anche il bambino o la bambina ad avere un esempio sano di come reagire quando un loro amico o fratello si fa male, per esempio: se modelliamo con il nostro comportamento, è molto più probabile che i bambini poi lo copino. 

Non solo, ma se chiediamo che cos’è successo e poi visto che sta piangendo giustamente non ci risponde subito o ci risponde a monosillabi, noi cominciamo ad assumere che sia stata colpa del fratello, della sorella, dell’amico, dell’amica, cominciamo a fare domande a cui può rispondere sì o no è normale che ci dicano di sì anche se qualcosa non è vero al 100%, non perché siano bugiardi, ma perché noi gli stiamo imboccando la risposta e loro in quel momento vogliono il nostro abbraccio e la nostra comprensione: anzi, se ci pensate, i messaggi che stiamo comunicando quando imbocchiamo le risposte sono 1. che va bene mentirci e inventare ciò che è accaduto e 2. Che non pensiamo siano in grado di comunicarci la verità e raccontarci l’accaduto! Insomma, non stiamo dando loro fiducia. 

Quindi per me è fondamentale in questi casi aspettare che il bambino si calmi, offrire la nostra presenza e il nostro amore che tanto è ciò di cui hanno bisogno in quel momento (non sono venuti da noi per vendetta, ma se noi in base a quello andiamo dal “colpevole” e lo sgridiamo a lungo andare imparano a ricercare quella vendetta). Poi quando sono calmi,  magari sono loro stessi che ci raccontano che cos’è successo davvero, o se no a quel punto (se ci sembra importante, perché non sempre lo è e possiamo decidere di lasciare che siano loro a raccontare se vogliono) possiamo chiedere che cos’è successo e aspettare la risposta.

E poi appunto possibilmente inviterei a non andare dal fratello o dalla sorella e sgridarli, ma ad avere lo stesso approccio di prima, ovvero mediare: ovviamente ognuno trova il proprio modo, ma se non sai che cosa dire, ti suggerirei qualcosa del tipo “tuo fratello è venuto da me piangendo, mi aiuti a capire che cos’è successo?” perché se chiediamo il loro aiuto invece di sgridarli o attaccarli verbalmente senza sapere, è 1. più probabile che collaborino e ci raccontino e 2. coì facendo stiamo costruendo un rapporto di fiducia. E così facendo offriamo anche un ottimo esempio di risoluzione dei conflitti.

E mi fermo qui perché credo di aver già sforato dai 5 minuti. Ah no, ultima cosa: visto che poi me lo chiedete: sì, io mi comporterei da mediatore anche con gli amici, non solo in casa: perché in generale il modo in cui tratto i miei figli e parlo con loro è il modo in cui parlerei con qualsiasi bambino o bambina. 

Trovate un riassunto di questo episodio sul mio blog www.latela.com nella collezione Montessori express e vi do appuntamento a venerdì per un altro episodio di Educare con Calma. 
Buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.  

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.

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