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Episodio 49 ·

Il trucco è il filtro della vita reale (?)

In questo Episodio di Educare con Calma vi racconto la MIA scelta personale di non usare filtri su Instagram e di non truccarmi nella vita reale e rifletto sul messaggio che truccarsi significhi prendersi cura di sé, messaggio che non condivido.

Avrei voluto dire molto di più, sopratutto su alcuni argomenti come la femminilità e la sicurezza di sé, ma per oggi ho deciso di restare sul generale per poi approfondire alcune tematiche in altri episodi, se vedrò interesse e lacune.

:: Nell'episodio menziono:

Nell’episodio menziono questo post di Jameela Jamil in cui lei condanna i filtri su IG. Per chi non capisce l'inglese, il post dice: "Mi puoi aiutare? Sto cercando di ottenere l'attenzione delle piattaforme di social media. Metti un like a questo post se sei d'accordo con me che i filtri che cambiano le caratteristiche sono un problema e dovrebbero essere rimossi. Non parlo di quelli divertenti e buffi: parlo di quelli che impongono alla nostra coscienza ideali patriarcali e bianchi di "bellezza". Le statistiche di odio di sé sono in critico aumento. Specialmente tra gli adolescenti. Dobbiamo prendercene carico e fermare questa merda insidiosa e pericolosa. Fai sentire la tua voce qui".

:: Un post sull'accettazione di sé sul mio blog:

Ti piace il tuo corpo di madre? (Ovvero quando non ti riconosci allo specchio dopo la gravidanza)

:: Come appoggiare il podcast:

Io non faccio pubblicità e non accetto sponsor, perché le pubblicità mi danno fastidio e non voglio sottoporvi a più pubblicità di quelle che già vi sommergono nella vita quotidiana. Se vi piace il mio podcast e volete aiutarmi a mantenerlo vivo, potete acquistare uno dei miei corsi:

  • Educare a lungo termine: un corso online su come educare i nostri figli (e prima noi stessi) in maniera più consapevole. Tanti genitori mi dicono che gli ha cambiato la vita.
  • Co-schooling – educare a casa: un corso online su come giocare con i figli in maniera produttiva e affiancare il percorso scolastico per mantenere vivo il loro naturale amore per il sapere.
Qualche settimana fa ho espresso un mio personale parere sul trucco nelle storie di instagram e devo dire che ho ricevuto tantissimi messaggi in merito e molti mi hanno fatto riflettere. 

Quindi oggi ho voglia di pararvi di quello, vi racconterò che cosa ho detto sul trucco nelle storie così se non le avete viste sapete di che cosa parliamo e vi racconterò più in dettagli la mia esperienza e la mia opinione. E ci tengo a precisare, è la MIA opinione, che significa che non per forza deve essere la tua, non dovete essere d’accordo con me, anche se siete d’accordo con me su tutto il resto, sull’educazione a lungo termine, sulla sostenibilità, sull’alimentazione… non per forza dovete essere d’accordo con me su tutto. Ricevo spesso messaggi che dicono “Sono d’accordo con te su tutto, ma su questo proprio no” che a me sembra già un’introduzione sbagliata, quasi come dire, “come puoi dire una cosa del genere su questo argomento?”. Ecco, per me quelle parole sono già di scontro e se dall’altra parte non si trova qualcuno che sa accogliere le critiche, allora ci si scontra e su instagram purtroppo questo succede spesso. 

Tra l’altro questa espressione è tipica del modo di parlare italiano, ma io credo che si possa esprimere le proprie opinioni in maniera migliore, meno di scontro e più di confronto, imparando a fare domande sulle scelte altrui, imparando ad ascoltare quello che gli altri dicono attivamente, che per me significa ascoltare non per rispondere ma per capire. Nel momento in cui vogliamo capire perché una persona sta dicendo quello che sta dicendo, allora ecco che è anche molto più probabile che ci rendiamo conto che magari non siamo d’accordo con una parte di quello che dice, ma magari ci sono dei punti d’incontro, magari c’è una validità in quello che dice, e si può partire da lì per il confronto scegliendo le frasi con cura. Credo che le stesse frasi e le stesse opinioni possano essere sempre espresse in modalità confronto o scontro e siamo noi a scegliere. Ecco, vi invito sempre a scegliere la modalità confronto, sia nella vita che sui social, perché il mondo virtuale di una persona per quanto sia di pubblico dominio è comunque casa sua e va rispettato.

E ora che vi ho ripetuto la mia sulla comunicazione rispettosa sui social, vi racconto che cosa ho detto nelle storie riguardo al trucco: sono partita da un post di Jamela che è un attrice, modella e attivista, una donna che io apprezzo tantissimo, l’ho scoperta nella serie televisiva the good place (che noi abbiamo adorato) e come faccio sempre quando mi piace una serie curioso chi sono gli attori e lei l’ho trovata su instagram e sono rimasta piacevolmente sorpresa perché… è una tosta, che dice le cose giuste, le cose che vanno dette, non ha paura di puntare il dito verso le ingiustizie, parla di body positivity, di diritti delle donne, di femminismo, attacca la cultura della dieta e dei corpi stereotipati, insomma, tantissime cose che risuonano con i miei valori e con i miei principi. 

E quindi la seguo da allora e un giorno lei ha fatto un appello per aiutarla a diffondere l’idea che i filtri su instagram dovrebbero essere banditi. Non quelli divertenti, simpatici, con i fiorellini e le orecchie da cane, ma quelli che cambiano le caratteristiche della persona, che ci rendono più abbronzati, che distendono la pelle, che eliminano le imperfezioni, che rendono gli occhi più grandi, il naso più piccolo, la bocca più piena… insomma, quelli che ci trasformano nell’ideale stereotipato e patriarcale di bellezza bianca. E con questo discorso con me sfondava una porta aperta, anzi un cancello aperto, ne parlo da anni nelle storie, sul blog, sul mio corso, sono molto aperta sul mio percorso di accettazione del corpo, che è cambiato dopo le gravidanze, e non è un segreto che io non uso i filtri per scelta. Quindi non non potevo che essere d’accordo con Jamela. 

Questo tipo di filtri sono pericolosissimi per noi e per le nuove generazioni perché mandano tutti i messaggi sbagliati: dicono alle ragazzine e alle bambine di oggi (perché purtroppo oggi ci sono dei veri e propri bambini e bambine che usano IG e i social media) che quello è l’ideale di bellezza che dobbiamo raggiungere per essere accettati dalla società. Ma purtroppo i filtri, a differenza della moda o della pubblicità che ci sbattono addosso negli occhi quegli stereotipi ogni giorno, i filtri tutto questo non lo dicono solo, ma ci trasformano sullo schermo in quell’ideale di bellezza. Perché la moda ti mostra corpi filiformi, gambe infinite, fianchi senza curve, taglia meno dieci ecc ecc ma se quel corpo non ce l’hai, non ce l’hai. Puoi provare ad ottenerlo, certo, e spesso i giovani lo fanno in maniera malsano, non mangiando e facendo esercizio fisico ossessivamente e anche ammalandosi spesso, ma comunque il tuo corpo è quello che ti porti dietro e tutti lo vedono. Invece con i filtri non è così, i filtri su instagram ti cambiano non solo agli altri ma anche a te stessa o te stesso come vuoi essere, con la differenza che poi ti guardi allo specchio e non sei quella persona. E allora ti metti 100 strati di fondotinta per avere la stessa pelle del filtro quando gli altri ti vedono dal vivo, o magari, peggio, non vuoi più uscire di casa, ti rifugi nello schermo, nel mondo virtuale, perché quella è l’unica versione di te che non odi quando la vedi, mentre invece detesti la persona che vedi allo specchio, senza il filtro. Questo è malsano, questo è pericolosissimo, non per me e per te, magari, ma per i nostri figli. Dobbiamo opporci. 

Credo che sia categorico cercare di evitare quei tipi di filtri su instagram e cercare di riflettere davvero a fondo sulle conseguenze di azioni come quella di usare un filtro che altera le caratteristiche di una persona, perché i social sono uno strumento potentissimo, e proprio perché sono così potenti sono anche molto pericolosi, per dirla allo Spiderman, da un grande potere derivano grandi responsabilità, e quindi io credo che se possiamo rimuovere qualche bandierina d’allarme secondo me dobbiamo provarci, ognuno nel proprio piccolo, con prese di posizione ben chiare. E la scelta di non usare i filtri su Instagram è la mia presa di posizione ben chiara. 

E da lì, da tutto questo discorso sui filtri, nelle storie di IG vi avevo raccontato che per motivi simili io ho anche smesso di truccarmi, anni fa: questo ovviamente non significa che condanno chi si trucca. Spesso noto che quando esprimo una mia opinione o scelta personale su instagram o Facebook trovo persone che si sentono veramente criticate dalla MIA scelta e in dovere di giustificarsi o spiegare perché la loro scelta è diversa dalla mia o addirittura darmi contro per questa MIA scelta… questo per me è impensabile, come se io mi sentissi attaccata da chi non sceglie montessori, lo dicevo forse in un altro episodio. Oppure come se io quando mangiavo ancora la carne mi sentissi attaccata da chi non la mangiava o adesso che non la mangio più mi sentissi attaccata da chi sceglie di continuare a mangiarla. E questo con tutto, chi vaccina i figli e chi no, chi allatta e chi no, chi si trucca e chi no. Come individui dovremmo riflettere di più sulle nostre scelte e informarci di più sulle alternative prima di decidere, avere una mente più aperta: perché la conoscenza dà sicurezza e se io mi sento sicura della mia scelta, dei miei valori, dei miei principi, non posso sentirmi attaccata da chi sceglie diversamente, perché la scelta degli altri parla di loro non di me. Non dovrebbe esserci scontro con il diverso, dovrebbe esserci confronto, curiosità, desiderio e interesse verso chi è diverso o fa scelte diverse da noi… perché davvero questa attitudine del sentirsi attaccato da chi fa scelte diverse da noi è un problema enorme della nostra società: si può poi riflettere in comportamenti sociali moooolto più pericolosi, come il sentirsi attaccato da chi sceglie una religione diversa o pensare che chi sceglie di amare una persona dello stesso sesso in qualche modo tolga qualcosa alla nostra immagine di famiglia… 

Ok, mi sono persa di nuovo, ma per tornare al trucco che oggi continuo a lasciarmi trasportare dai fili della mia ragnatela di pensieri… io stessa a volte mi trucco per uscire la sera (non più sempre, a dire il vero, ma a volte mi piace mettere il mascara e il rossetto), ma non è più la mia scelta quotidiana. E dico non più perché io mi truccavo e mi truccavo sempre, ogni giorno, ed è proprio per questo in parte che ho smesso, ancora prima di pensare al messaggio che do ai miei figli. Perché avevo notato che il trucco stava diventando un’uniforme quotidiana: davvero raramente uscivo senza correttore, base, un filo di fard, mascara e a volte il rossetto. Non mi truccavo tanto, ma mi truccavo sempre. Il trucco era praticamente il mio filtro di instagram della vita vera e questo, oltre ad essere un campanello d’allarme di per sé, perché oltretutto quando non avevo tempo di truccarmi o mi dimenticavo una parte, tipo il mascara, mi sentivo un po’ meno bene, magari incrociavo il mio sguardo allo specchio e mi dicevo “cavolo, non mi sono messali mascara” e mi sentivo quasi meno bella, quasi come se mi sentissi incompleta. Poi quando sono diventata mamma, ha iniziato a notare altri campanelli d’allarme che non mi piacevano. Il primo è stato il fatto che il trucco mi limitava nei comportamenti con Oliver che aveva pochi mesi, perché spesso rimaneva sui suoi vestiti quando lo baciavo e lo abbracciavo. E a volte addirittura mi notavo attenta a non baciarlo proprio per non lasciargli il rossetto o a non fargli le coccole per non sporcargli i vestiti di fondotinta. E quindi lì ho deciso che dovevo fare qualcosa e il mio primo istinto non è stato quello di comprare trucchi più adatti che penso esistano (ormai esiste di tutto, sicuramente esiste anche un fissatore del trucco che non lascia sporcare i vestiti), ma per me quella non è stata la soluzione, la mia soluzione è stata quella di dire no al trucco: il mio pensiero è stato “non apprezzo una cosa che mi limiti nella mia spontaneità con i miei figli”, ecco non fa per me. Ripeto, per me, Carlotta Cerri. 

Ed è quando ho smesso completamente di truccarmi che ho iniziato a vedere tutti gli altri campanelli d’allarme: la mia faccia mi piaceva di meno, i brufolini brufolini pre ciclo che ho cominciato ad avere dopo la gravidanza mi facevano sentire a disagio (prima no, perché li coprivo con il fondotinta), mi sentivo in generale meno bella e tutto questo mi rendeva meno sicura di me stessa, cosa che mi stupiva perché io mi sono sempre considerata una persona relativamente sicura di sé. E per me questi campanelli d’allarme sono stati una conferma del fatto che a me, Carlotta Cerri, l’effetto del trucco sulla mia mente non mi piaceva, non nella forma in cui lo usavo e lo abusavo. E solo dopo ho iniziato a ragionare anche sul messaggio che mandavo ai miei figli: e il messaggio che secondo me stavo mandando ai miei figli perché in realtà lo pensavo io nella mia testa è che il mio viso non mi piace così com’è, che ho bisogno del trucco per piacermi, o ancora che il volto truccato è ciò che ci si deve aspettare da una donna (perché i bimbi non vedono Alex truccato) e che quindi quello è l’ideale di donna da ricercare o a cui ispirarsi. In realtà questo pensiero si è fatto più forte quando sono diventata mamma di Emily, di una bimba, ma a dire il vero se avessi avuto allora la stessa sensibilità che ho oggi ci avrei già ragionato quando ero solo madre di un maschio, perché oggi so che non è detto che se ho un maschio non potrà decidere di truccarsi nella sua vita (e tra l’altro è anche per questo che non mi piace dire cose come “truccarsi rende più femminile o fa sentire più donna”, come tanti di voi mi hanno scritto eni messaggi privati). 

E quindi questo è stato il mio percorso: quando ho notato che il trucco era diventato per me un po’ come un filtro della vita reale, quando ho appurato che facevo più fatica a sentirmi bella e sicura di me stessa senza il trucco e quando ho capito che il messaggio che volevo e voglio mandare ai miei figli è che io mi piaccio così come sono, allora ho deciso di smettere di truccarmi. 

Quando ho detto tutto questo in meno dettagli nelle storie di instagram, tanti di voi (ma davvero tanti tanti tanti, mi avete stupita se devo essere sincera) mi avete scritto che truccarsi significa prendersi cura di sé e del proprio aspetto, quindi il messaggio è positivo. Ho salvato un messaggio che a me è piaciuto molto come toni e modo di esprimersi che vi leggo: “Mi piace come hai esposto questo tuo concetto per quanto riguarda trucco e filtri... Ho notato però che non hai menzionato il trucco e il fatto di truccarsi come un “prendersi cura” di sé e del proprio aspetto, perché a volte un velo di rossetto o un po’ di mascara ti danno soddisfazione, non perché ti mascherino, ma perché ti danno quel tocco in più che a volte (naturalmente non quotidianamente) ti fanno sentire più bella.

Io sono solo in parte d’accordo. Sono d’accordo sul fatto che a volte truccarsi ti dia soddisfazione: per esempio a me piace truccarmi a volte quando esco con Alex (anche se lui mi preferisce senza trucco) oppure quando vado a ballare, mi piace perché mi fa sentire un po’ diversa (non più o meno bella, ma diversa, una bellezza diversa), un po’ come quando mi taglio i capelli, ma il trucco è più immediato, è un cambiamento meno temporaneo e anche più vistoso. Quindi lo faccio volentieri e quando i miei figli mi chiedono che cosa sto facendo, spiego che mi sto mettendo del trucco perché a volte mi piace e mi diverte vedermi un po’ diversa, un giorno avevo detto loro che un po’ come quando loro vogliono mettersi i vestiti da carnevale che avevamo trovato nell’airbnb, si divertivano a sentirsi e vedersi un po’ diversi.  Quindi concordo con il fatto che il trucco possa dare soddisfazione, non perché ci mascheri, ma perché ci fa sentire diversi e a volte è bello, divertente. Ma detto questo io non sono d’accordo su due cose di quel messaggio:

1. Non credo che truccarsi (ovvero mettermi sul volto delle cose che mi fanno apparire diversa da quella che sono) sia prendermi cura di me stessa. Farmi un massaggio al viso, fare face yoga, mettermi l’olio di cocco dopo la doccia, farmi uno scrub alla pelle, mettermi la protezione solare prima di uscire al sole, ecco… questo per me è prendermi cura di me stessa, questo è il modo di prenderci cura di noi e del nostro corpo che vogliamo trasmettere ai nostri figli. 

E 2. Non sono d’accordo su quel “ti fa sentire più bella”: io negli ultimi anni ho fatto un lunghissimo percorso di auto accettazione e di auto apprezzamento, quasi come una terapia di coppia con me stessa, chi ha il mio corso lo sa: oggi posso sentirmi bella appena sveglia, in pigiama con i capelli arruffati o con dei pantaloni sportivi e una maglietta, come posso sentirmi bella con un paio di pantaloni attillati e una maglietta che mostra la pancia o un vestito più elegante. Il mio sentirmi bella oggi dipende meno dalla mia apparenza e più dalla mia mente. I giorni in cui non mi sento bella sono i giorni i cui la mia mente fa più fatica, nella sindrome premestruale, per esempio. Quando la mia mente sta bene, invece, posso andare a ballare salsa con gli stessi vestiti che metto per andare a fare escursioni in montagna (è successo tra l’altro) e mi sento bella e sexy comunque. E questo per me è un grandissimo successo, perché è stato un percorso davvero lungo, che ha toccato vari aspetti della mia vita, tra cui anche ovviamente l’esercizio e l’alimentazione. Per esempio, io oggi non faccio più esercizio per perdere peso o dimagrire, faccio esercizio per essere sana, perché ho imparato a guardami allo specchio ed essere felice del mio corpo così com’è, anche con quasi 10 chili in più da com’era prima delle gravidanze. Più o meno allo stesso modo non mi metto il trucco per sentirmi bella, per essere più carina, per abbellirmi, perché ho imparato a vedermi bella comunque, a guardami allo specchio con gli occhi dell’amore; mi metto il trucco ogni tanto per sentirmi diversa o per divertirmi.

E lo stesso discorso vale per l’alimentazione: non scelgo di non mangiare un determinato cibo perché voglio dimagrire, scelgo di non mangiare un determinato cibo perché so che non è sano per il mio corpo. C’è una differenza abissale che cambia anche il nostro modo di pensare e anche le parole che usiamo con i nostri bambini. Perché ovviamente cambiano anche le conversazioni con i bambini: i miei figli crescono pensando “mia madre fa esercizio per essere sana, non mangia zucchero tutti i giorni per essere sana, non si trucca tutti i giorni perché si sente bella così com’è. Ed è per questo come dicevo credo nell’episodio precedente che allo stesso modo faccio attenzione a non dire cose come “devo perdere qualche chilo”, o “sono a dieta” o “voglio togliermi questi rotolini” perché non mi piace i messaggi che trasmettono. Oppure se mi chiedono perché mi trucco non rispondo “per essere più carina” e nemmeno per essere più femminile, che è qualcosa che mi avete detto in tanti. E onestamente non so se queste mie attenzioni risulteranno in uno stile di vita più sano per i miei figli, loro faranno le loro scelte nella vita, e io in più non lo faccio solo per loro: lo faccio soprattutto per me. Per mostrare amore al mio corpo, al mio volto, per concentrarmi sul dentro piuttosto che sul fuori, sull’essenza piuttosto che sull’apparenza.

E con questo, attenzione, non voglio dire che non trasmetto l’importanza del prendersi cura del proprio aspetto e del proprio corpo, anzi: per esempio, noi ovviamente insegniamo ogni giorno che è importante lavarsi i piedi se puzzano prima di uscire perché è bello che gli altri non debbano sentire il brutto odore dei nostri piedi, lo stesso discorso vale per il deodorante, io uso Nuud che è un deodorante che applico ogni 3-4 giorni, ma con le mestruazioni lo applico tutti i giorni ed Emily un giorno mi ha chiesto “perché lo metti anche oggi?” ricordandomi che l’avevo messo il giorno prima (pazzesco quanto notino i bimbi, tra l’altro) e le ho spiegato che le ascelle quando ho le mestruazioni puzzano di più e non è bello per me né per gli altri sentire la puzza (e gli altri sono sia loro, la famiglia in casa, che gli amici o gli estranei fuori quindi non è che mi prendo più cura di me se devo uscire piuttosto che se devo stare in casa.

E lo stesso vale per i vestiti, se sono visibilmente sporchi o puzzano, ovviamente li mettiamo a lavare, ma questo non significa che uscire per andare al ristorante con una tuta o un paio di pantaloni sportivi sia meno rispettoso verso se stessi o meno bello, per me non significa che siamo “sciatti” (come mi ha scritto qualcuno) se non ci tiriamo a lucido: se io mi sento bene con i miei pantaloni comodi, con la mia tuta, e voglio andare a mangiare fuori così, perché non posso? Se mi fa sentire bene, non è quello che è davvero importante? Non significa che non mi prendo cura di me, significa che mi ascolto e onoro le mie emozioni, non mi sforzo di essere diversa da quello che sento; allo stesso modo se ho voglia di andare a fare una passeggiata intorno a casa con il mio vestito bello, mi ascolto e onoro le mie emozioni. È buffo perché una volta quando mi sentivo giù di morale o meno bella compensavo con più cura nel vestirmi, con un trucco più appariscente, mentre oggi so che ho la capacità di risollevare la giornata quando sto male: non sempre ci riesco, ma ne ho la capacità e quella capacità non ha nulla a che vedere con quello che mi metto addosso, perché parte da dentro, dall’essenza, non dall’apparenza: curare di più l’apparenza in quei giorni non è né sbagliato né giusto, è una scelta personale, è un onorare le nostre emozioni e quello che proviamo, ma ovviamente  è una toppa, mentre il lavoro che io voglio fare su me stessa è un altro, va in profondità, va a toccare la gestione delle emozioni, il controllo della mia mente, ha più a che fare con l’accettazione di me e dei miei limiti, con il perdonarmi, con l’amarmi, con l’imparare a concentrarmi su ciò che mi piace di me e non su ciò che non mi piace. 

Non dico che l’attenzione all’apparenza non sia cura di sé, dico che spesso noto una tendenza a curare troppo l’apparenza e troppo poco l’essenza e secondo me al punto in cui siamo oggi io trovo sbagliato perpetuare messaggi come “i vestiti o il trucco rappresentano la cura di sé”, che poi comunque anche paragonare il vestirsi al truccarsi non lo trovo molto appropriato: un vestito non cambia la tua apparenza in modo così intenso, così drastico, mentre il trucco cambia parecchio la persona, liscia la pelle, ingrandisce gli occhi, toglie le occhiaie, ci altera innegabilmente le caratteristiche del volto, quindi anche questa è una considerazione. Tutto questo per dire che credo che bisognerebbe iniziare a comunicare la cura di sé si manifesta in primis nel modo in cui ci trattiamo, ci parliamo e ci accettiamo. Perché quando la cura di sé arriva da dentro, allora si riflette fuori; ma quando arriva da fuori non sempre si riflette dentro. 

Ed è per questo che vorrei chiudere rispondendo alla domanda di una mamma che mi ha chiesto: “Se invece io non mi truccassi per mandare un messaggio a mio figlio, ma uscissi sentendomi insicura per questo, secondo te cosa gli starei trasmettendo? Non è meglio truccarmi se mi fa stare bene?”. Non dico che non bisogna truccarsi se ci fa stare bene, ma dico che se siamo genitori dobbiamo anche pensare ai messaggi che trasmettiamo: perché allora magari a me fa stare bene mangiare un gelato quando sono triste, ma che messaggio trasmetto ai miei figli. È un messaggio sano? E comunque poi se non mi sento sicura senza trucco, forse in questo caso prima di chiedermi che cosa trasmetto ai miei figli credo che dovrei chiedermi che cosa trasmetto a me stessa: che cosa trasmetto a me stessa se mi sento insicura senza trucco? Ecco, forse a quella mamma consiglierei di partire da lì, di partire da un percorso di accettazione di se stessa e di amore verso se stessa, perché come dicevo prima non è l’apparenza che trasmette il messaggio di sicurezza a noi stessi e ai nostri figli, è l’essenza. 

E per ultimo ripeto: tutto questo è la mia opinione. Non condanno chi si trucca, non giudico chi si trucca, non dico né che chi si trucca è insicuro, né che chi non si trucca non si prenda cura di sé. Ci sono tante verità e tante scelte diverse quante persone a questo mondo e la mia scelta non è migliore della tua, la mia scelta è meglio per me perché altrimenti non l’avrei scelta. Chi sono io per dire che quello che scegli tu è sbagliato e chi sei tu per dire che quello che scelgo io è sbagliato. Ognuno fa le proprie scelte e se sono nel rispetto di sé e degli altri sono tutte valide. 

E ovviamente quando dico che il trucco è un po’ come il filtro della vita reale è una provocazione per avviare una riflessione, va presa con le pinze, con mente critica, non come attacco personale. Scelgo di dirlo perché credo che a volte le frasi che ci colpiscono di più, che ci rimangono più in mente e che magari ci fanno sentire anche un po’ scomodi siano quelle che ci fanno poi riflettere di più. E credo sia sempre importante riflettere sulle mentalità e sui messaggi che trasmettiamo agli altri con le nostre azioni e le nostre scelte. In questo caso, sulla mentalità e il messaggio del trucco come cura di sé: io personalmente credo che il trucco sia una forma di espressione, una forma d’arte, un accessorio, ma la cura di sé è ben altra cosa. La cura di sé ha meno a che fare con l’apparenza e più con l’essenza; ha meno a che fare con come ci vediamo allo specchio prima di uscire di casa e ha molto più a che fare con come ci sentiamo nel letto alla sera, prima di spegnere la luce.

E se siete arrivati e arrivate fino qua, come sempre spero che possiate accogliere le mie parole con gentilezza e con mente critica e aperta: perché le scelte degli altri non dovrebbero farci sentire attaccati o giudicati, ma solo curiosi e interessati a una mentalità diversa.
Come sempre vi ricordo che mi trovate anche su www.latela.com e su Instagram e Facebook come la teladicarlottablog. Se avete piacere di continuare la conversazione, lasciatemi un messaggio nella pagina del podcast di questo episodio. E non mi rimane altro che augurarvi buona serata, buona giornata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo.

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«Educare con calma» è un bel principio di cui a me mancava solo un dettaglio: la calma. Questo podcast è un resoconto del mio viaggio interiore di genitore.