Stiamo percorrendo l’Italia: guarda tutte le date! →

Università — Un ponte al mondo reale?

Carlotta Cerri
Salva

– A scuola andavi bene, ma che abilità hai per il mondo reale? – Esami. So passare esami.

Oggi ho visto questo sketch e mi ha fatto pensare all'università. Al sistema educativo in genere. E mi è ritornato alla mente un sondaggio che ricevetti da AlmaLaura qualche mese dopo la mia laurea. Tra le altre domande, mi chiedevano quanto l'università mi avesse aiutato a trovare un lavoro e che ruolo avesse giocato nel farmi arrivare dove sono oggi. Le risposte sono, molto poco e insignificante.

Un salto nel passato

Mi sono ritrovata a pensare al primo giorno di università. Un signore alto, filiforme e pelato mi diede un volantino pubblicizzando il suo nuovo corso, inglese americano.

Non lo sapevo ancora, ma quel professore sarebbe diventato il mio personale faro universitario e quel corso — che scoprii poi essere mirato completamente alla traduzione — mi avrebbe fatta capire quanto adori le lingue, la loro grammatica e la loro versatilità. Scoprii di essere una buona traduttrice e decisi di seguire quel percorso, seguendo tutti i corsi di traduzione e scrittura che trovassi.

Non servì a molto. Oggi, traduco solo ogni tanto e tutto il mio tempo lo dedico all’insegnamento della lingua inglese, che ho scoperto ben dopo l’università essere un mio vero e proprio talento innato, perfezionato poi con anni di pratica.

Quindi, in un certo senso, l’università che ho scelto mi ha indirizzata verso dove sono arrivata oggi. Ma niente di più.

Che cosa (non) mi ha dato l'università

Nessun professore — nemmeno il mio preferito — mi ha mai preparata per il mondo reale. Mi hanno insegnato molta teoria a suon di spessi libri per passare gli esami. Mi hanno insegnato a tradurre, quello sì — e forse l’unica cosa pratica che ho imparato all’università. Ma si sono dimenticati di insegnarmi le cose che davvero contano: come trovare un lavoro nella traduzione, come scrivere un buon CV che non venga ignorato o, altrettanto importante, come decidere le mie tariffe. E ovviamente nessuno mi ha mai detto che sarebbe stato così difficile entrare nella nicchia della traduzione e arrivare al top.

Che cosa avrei voluto dall'università

Se solo l’ultimo anno ci fosse stato un tirocinio obbligatorio in un’agenzia di traduzione con possibile contratto a fine anno. Se solo ci avessero insegnato ad usare Trados, strumento di traduzione senza il quale purtroppo un traduttore non lavora. Se solo fossero stati un po’ più incentrati sulla pratica del mondo reale invece che sulla teoria — come fa Praxis, che spero prima o poi diventi il modello educativo per eccellenza. Se solo avessi avuto degli strumenti pratici per entrare nel mondo della traduzione letteraria.

Magari — e solo magari — non avrei abbandonato la traduzione per l’insegnamento.

L'unica vera abilità? Saper passare esami

Invece, proprio come nell’immagine, dopo l’università la mia vera e unica abilità era passare esami — e lo sapevo fare molto bene, ero una vera e proprio macchina da scuola. Certo, parlavo anche inglese e spagnolo e sapevo tradurre, ma questo non mi distaccava dagli altri validi traduttori-squali nel mare delle opportunità lavorative.

In più — e va detto — le lingue le parlavo non certo grazie all’università, ma grazie a mesi di lavoro in un ristorante in Spagna dove ho imparato lo spagnolo e conosciuto mio marito, che avrebbe fatto dell’inglese la mia lingua primaria.

E quindi torno al sondaggio di AlmaLaurea.

• La laurea mi ha aiutata a trovare un lavoro? Non direi. Sono stati la mia determinazione e il mio eclettismo a portarmi dove sono oggi, un posto che non ha nulla a che vedere con la traduzione. L’università mi ha forse aiutata a capire dove volessi andare, ma l’ha fatto nei primi due mesi; i restanti 2 anni e 10 mesi sono stati, purtroppo, una perdita di tempo e di soldi.

• L’università mi ha dato le abilità che sfrutto oggi nel mio lavoro? Non proprio. Mi ha insegnato molta teoria su lingue e traduzione, ma tutto ciò che è pratico l’ho imparato da sola e sulla mia pelle prima e dopo la laurea.

L'università non è un ponte al mondo del lavoro

Lo slogan di AlmaLaurea è “Un ponte tra l’università e il mondo del lavoro”. Ma non dovrebbe essere l’università, quel ponte, e la laurea una porta sull’altra sponda? AlmaLaurea avrebbe dovuto farmi un’altra domanda a cui avrei risposto volentieri: ”Hai mai dovuto mostrare a qualcuno il tuo diploma di laurea?”. No, mai. Nessuno mi ha mai nemmeno chiesto se ne avessi uno.

In questi ultimi otto anni, ho capito che professionalità e capacità non si misurano — né mostrano — con un pezzo di carta perché quel pezzo di carta troppo spesso non riflette la persona che lo tiene in mano.

Accedi alla conversazione

Parla di questo post con il team La Tela e tutta la community e unisciti alle conversazioni su genitorialità, vita di coppia, educazione e tanto altro.

Ti consiglio anche

Sulla scia dell’entusiasmo per la fine dell’era No Child Left Behind — l’idiotica riforma scolastica creata dalla presidenza Bush e basata sull’insegnamento mirato solo ed esclu...
3 min
Blog
Oggi pensavo a quanto sia difficile iniziare un’attività da zero e quanto per i primi anni si debba essere preparati alle montagne russe.All’inizio, l’unica certezza che si ha, ...
6 min
Blog
Per ora questo post è solo disponibile in inglese.
1 min
Blog
Un bellissimo discorso di Sir Ken Robinson
4 min
Blog